Il romanzo Maestro a Matera, richiamato nello scorso articolo, descrive una nuova società lucana, frutto di un ‘progresso’ che sembra però gettare solo le sue ombre su di noi.
Si tratta di una società fatta di dottori, avvocati e notai da un lato e dall’altro di povera gente, né contadini né operai, che non parlano né il dialetto né la lingua nazionale.
La società contadina è ormai scomparsa ma né il benessere né il progresso sembrano raggiungere effettivamente la nostra regione.
Gli anni ’80 vedono -su scala nazionale ed anche regionale- la fioritura del romanzo, a discapito della poesia. Non è più tempo, in Basilicata, di abbandonarsi nell’elegia di un perduto mondo contadino anche se miseria, emarginazione, arretratezza e provincialismo continuano a permanere in Basilicata. Ecco allora che uno scrittore come Felice Scardaccione, nel romanzo sperimentale Tananai (che vuol dire ‘finimondo’) esprime il desiderio di abbandonare per sempre la Lucania e cercare nuovi orizzonti cittadini. Una sorta di ‘grande esodo’ culturale e sociale. Un’utopia destinata a fallire.
Frattanto questo desiderio di uscire dai confini della ‘lucanità’, da un mondo povero ed arretrato, per vivere come nelle grandi città, ‘al passo coi tempi’, si traduce in una serie di nuovi problemi sociali. Arriva infatti tra i giovani la droga. Ne parleranno lo stesso Scardaccione, nel suo ultimo romanzo Il colore della mela (1987) così come Rocco Griesi (Stigliano, 1946) nel romanzo Morti per abitudine (1985).