La civiltà contadina è scomparsa. Levi e Scotellaro non sono più dei validi modelli. La Basilicata vuole guardare fuori dai suoi confini, cercare il riscatto ed il progresso. La poesia abbandona quella ‘lucanità’ che per decenni l’aveva contraddistinta, cercando tematiche diverse da quelle proposte dal levismo e dallo scotellarismo. Nel 1980 (data fatidica) a Potenza viene organizzato un Convegno sulla nuova poesia: sperimentale ed aperta al nuovo. Le vecchie tematiche della letteratura meridionale vengono abbandonate. Si leggano questi versi solo per avere un idea:
Frammentidunmahabarataltobradanicofantino
Annikenoninseminokampidavagabondaggiokrau
Ppùkrauppùiobrahmalucanosputofecondoohmon
Dochenonrispettisopsettiadispettovaiaroto
Lielecalandrecalanocalndredibakelitefigl
Iedisputotrareccearsebeccandonelventre….
Si tratta di una illustre ‘voce nuova’ della poesia lucana, Raffaele Nigro. Allo sperimentalismo si dedicheranno altri esordienti come Roberto Linzalone, Rosa Maria Fusco e Antonio Lotierzo, oltre a poeti già noti (di cui abbiamo precedentemente parlato): V. Riviello, D. Cascione, V. Jacovino.
La letteratura lucana, da quel momento in avanti, come è giusto che sia, ha seguito altre strade. Della civiltà contadina non rimarrà che la memoria e la nostalgica rievocazione, come quella cantata nello splendido romanzo di V. Fiorellini, L’ultimo dei cusci (1999).