Forse in tanti ricordano la citazione fatta da Rocco Papaleo nello scorso Festival di Sanremo: <<Un campo di girasoli a Cortona d’Arezzo, un campo di paraculi a Cortina d’Ampezzo>>.
A suo modo, anche Vito Riviello (Potenza 1933-Roma 2009) si colloca nel realismo poetico degli anni ’50, lontano però dai toni elegiaci di un Contillo o di un Trufelli, così come dalla denuncia sociale di un Michele Parrella. A differenza di costoro, infatti, Riviello sceglie di cantare la città dove è nato, Potenza, e lo fa con una sua peculiare palese ironia, che nelle raccolte successive (Premaman, L’astuzia della realtà, Dagherrotipo, Sindrome dei ritratti austeri) si intensifica fino ad arrivare al paradosso, rivelando un gusto per il grottesco e la dissacrazione, che accomuna Vito Riviello ad Aldo Palazzeschi.
Città fra paesi (1955) è la prima raccolta poetica di Vito Riviello, già ironica nel titolo, dedicato ad una città che non è una vera città –Potenza- ma che quasi improvvisamente si ritrova ad esserlo:
A piazza 18 Agosto dove c’era la villaora sorge un palazzo.
Lo so che l’erba va tagliata
quando una via si incontra con la piazza.
Sono versi che anticipano di 11 anni Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano.
Succede così che, nella Potenza degli anni ‘50, città di <<pallidi contrasti>>:
Ci sono autobus verdi e chiari,rari sono i muli che passano
e hanno un uomo smarrito sul dorso
Un paese, una campagna come tante altre in Lucania, diventato in fretta e furia città:
Vi fu l’assalto della campagna un ricco palazzo di montagna
e per questo Potenza è rimasta
un rione, un rione, un rione.
A proposito di Riviello, Giulio Ferroni ha parlato di “sproporzione” come tratto caratteristico della sua poesia, che ha origine proprio nella fortissima meridionalità del poeta. E’ continuamente presente nella sua opera, infatti, uno “scarto” tra le attese nate nel mondo provinciale del secondo dopoguerra potentino, «curioso, assetato di cultura, aperto verso orizzonti nazionali e internazionali», ma «continuamente tarpato in questa sua apertura». L’utopia di “Potenza città moderna” ne esce allora sconfitta. Il nostro capoluogo purtroppo non può ridursi ad altro che “stazione di partenza” per emigranti.
Ed emigrante sarà Vito Riviello, che lascerà la Basilicata, come faranno altri poeti ed intellettuali, per trasferirsi a Roma.