Anche se nato a Sant’Agata di Puglia nel 1914, si può considerare lucano d’adozione e cantore della terra lucana Enzo Contillo, saggista, poeta e grande animatore culturale (diresse tra il 1947 ed il 1951 il Sud letterario, organizzò innumerevoli convegni e serate letterarie).
Conobbe la Basilicata quando negli anni Quaranta si trasferì, come funzionario del Provveditorato agli Studi, a Matera. A Matera si spense nel 1987.
La terra di Basilicata è fortemente presente nelle sue opere, nella raccolta Per più placati lidi (1954) e soprattutto in Giornata lucana, poemetti del 1955.
Quest’ultima opera è costituita da una serie di poemetti appunto, che celebrano, con una scansione che segue i momenti della giornata (Mattino, Meriggio, Sera), la storia ed il paesaggio della nostra regione.
Dopo il saluto iniziale dedicato alla Lucania mite\amara, che ha maternamente accolto il poeta, la “Giornata lucana” si apre con Mattino: lo sguardo di Contillo sorvola allora poeticamente tutta la terra di Lucania, dal Vulture al Sirino, dal Basento all’Agri, passando da Matera, Potenza e Venosa, il multiforme paesaggio lucano viene illuminato dalla prime luci dell’alba. Oltre alle vedute suggestive ed alle scene di vita umile e contadina, nei versi di questo poemetto rivive la storia della nostra regione: dal poeta Orazio, evocato in Mattina, fino ai resti della Magna Grecia Ionica, dove le figure mitologiche del passato si muovono insieme agli uomini ed alle donne di paese (Meriggio).
La poesia di Contillo <<sembra portare con sé il peso dei secoli e dei millenni>> (G. Caserta).
Il mondo contadino però, piuttosto che con quei toni realistici maggiormente congeniali ad un Parrella o ad uno Scarano, viene dipinto da Contillo quasi a mo’ idillio, come testimonia anche l’uso di un certo linguaggio: <<Sul volto del garzone s’accalora\un tenero consenso conquistato\dopo nutriti sguardi>>.
Non mancano purtuttavia, proprio in apertura, delle annotazioni sulla dura e triste realtà della Lucania:
E tu disperdi l’umido grigiore
dei cieli che crollarono sui giorni
che t’hanno resa amara, Lucania,
coi fiumi trabocchevoli e le frane,
e nutrila dei tuoi sommessi cori
questa perenne attesa di tenaci.
E’ soprattutto nella parte finale, Sera, che il poeta si abbandona ai ricordi storici, mentre sotto un cielo stellato i bovari intonano stornelli ed i vecchi raccontano storie e leggende. Sfilano così grandi personaggi come Federico e Bianca Lancia, Isabella Morra, il conte Tramontano, Pirro del Balzo e Ferrante etc.
Fino a che il poeta, preso dal sonno, si congeda salutando i paesi lucani:
Ho sonno anch’io e l’anima vi sfiora
vecchi paesi, antichi come i boschi,
pensosi e grigi a tutte le stagioni,
rimasti sui crinali e nelle valli
a farvi amico il tempo.