Cosa si rischia sulla nostra pelle, a vivere nei pressi di un inceneritore che brucia rifiuti urbani e circa il 40% dei rifiuti industriali italiani? A fare il punto della situazione, il dottor Ferdinando Laghi, primario di Medicina Interna all’ospedale di Castrovillari, invitato del locale Comitato per la Salute, nella serata del 23 luglio, a un incontro-dibattito sul piazzale Sacro Cuore a Lavello. Con puntualità e semplicità divulgativa il medico, membro dell’ISDE (International Society of Doctors for the Environment) e studioso dei rischi provocati dalla combustione antropica, ha illustrato i vari canali attraverso cui questo tipo di inquinamento si ripercuote sul corpo umano. Considerato che si inalano 14000 litri d’aria al giorno, e si assumono sostanze tossiche attraverso una catena alimentare malata a diversi livelli, i rischi diventano esponenziali. “Non devono allarmarci -afferma il dottor Laghi- solo i tumori polmonari: una quantità enorme di patologie, tra cui ictus, diabete, malattie cardio-vascolari fino alle più banali allergie derivano dal quotidiano avvelenamento da polveri sottili, che sono molto più piccole degli stessi globuli rossi”. Le affermazioni del dottor Laghi sono suffragate da una vasta letteratura scientifica. Perfino la vita intrauterina è a rischio: tante patologie che si sviluppano nel tempo hanno origine in mutamenti genetici acquisiti fin dal concepimento in un organismo già esposto a inquinamento. È il caso della diossina, una delle tante sostanze che si trasmettono da madre a figlio attraverso il sangue o il latte materno.
“È la prima volta prosegue Laghi- che una generazione lascia alla successiva uno stato del pianeta, e della salute, peggiore. L’energia prodotta dalla combustione è di scarsa qualità; l’incenerimento è sconveniente in termini umani, economici e di sicurezza sociale, perché fa lucrare le ecomafie. Se perfino in una regione con la densità demografica della Campania puntare tutto sull’incenerimento è folle e criminale, si pensi in Basilicata, dove la densità è molto più bassa e ciononostante la raccolta differenziata raggiunge al massimo il 10% del totale. Un aumento di questa percentuale porterebbe molta più occupazione e un miglioramento della qualità della vita”.
Nicola Abbiuso, presidente del Comitato Diritto alla Salute ha concluso: “Non abbiamo più scuse”, lamentando, inoltre, l’assenza di tanti politici locali invitati a discutere di un tema così importante. Vito L’Erario della OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) ha dato gli ultimi aggiornamenti riguardo all’attività di Fenice: l’inceneritore è attualmente chiuso per presunte “manutenzioni” del forno a griglia, ma si sussurra che si stia compiendo il famigerato ampliamento; condizione che porterebbe il tetto dell’incenerimento alle 39000 tonnellate annue contro le 30000 attuali. L’azienda inoltre, nonostante l’accertato inquinamento, potrebbe presto ottenere l’AIA (Autorizzazione integrata ambientale): il tutto nell’indifferenza, o con la complicità, degli ambienti provinciali e regionali, pur da tempo sollecitati sul problema. Il Comitato ha annunciato nuove azioni, tra cui la presentazione al Ministero dell’Ambiente della petizione popolare che sta unendo i comuni del Vulture-Melfese, e possibili azioni penali: “Contro un sistema -riprende Abbiuso- che ci sta sfidando, e che vuole il nostro silenzio e immobilismo”.