RIFORME PER L’INVOLUZIONE DEL SISTEMA DEMOCRATICO

Le elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria del 26 gennaio, dopo le precedenti che videro, in entrambi i casi, una partecipazione al voto molto bassa, ha galvanizzato il dibattito determinando lo slittamento di iniziative e procedure che potessero influenzare il voto. Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, da parte sua, invece, conferma il ruolo di associazione, composta da persone e strutture aderenti, che si ispira all’attuazione della Costituzione, pluralista, non gerarchica, e, persistendo nella scelta di non presentare liste alle elezioni di qualunque livello e di mantenere la propria autonomia di pensiero e di iniziativa dai partiti e dai movimenti che si presentano alle elezioni, continua a promuovere – insieme ad altri – campagne di formazione, di informazione, di rinnovamento delle politiche, prendendo posizione su temi e questioni sollecitata dalla preoccupazione di deviazioni e deformazioni sull’assento organico della Costituzione. In questa logica ha assunto posizione contro la Autonomia differenziata e contro il taglio dei parlamentari, sollecitando e spingendo i parlamentari a votare per la convocazione dei cittadini ad esprimersi in un referendum consultivo, in particolare proprio sulla questione del taglio die parlamentari.
Per quanto riguarda la così detta Autonomia Differenziata, il Coordinamento ha più volte e in ogni sede, sottolineato come questa non possa essere letta come una mera e “banale” questione tecnico-amministrativa, rivestendo, invece, ogni carattere di processo con ampia valenza politica e risultanze e implicazioni che vanno a influenzare e modificare i principi di parità dei diritti di cittadinanza degli italiani, il funzionamento di alcuni grandi servizi pubblici nazionali, a partire dalla scuola; soprattutto, va a incidere sulla destrutturazione della unità nazionale. A dispetto del fatto che il ruolo di Regioni ed Enti Locali è, in Italia, rilevante, il grado di decentramento essendo già intorno al 30% ( particolarmente elevato nella sanità, protezione ambientale, affari economici e l’urbanistica, più basso della media per l’istruzione), alcune regioni del nord chiedono ancora più autonomia e risorse per attuarla. La questione è segnata da quel “differenziata”, inserito e preteso, accanto a “Autonomia”, da Lombardia e Veneto, alle quali si è aggiunta la Emilia Romagna, il cui Presidente, oggi ricandidato, ha sottoscritto una intesa per questa forma di autonomia, con una risoluzione del Consiglio approvata il 3.10.2017. Preoccupazioni elettoralistiche hanno spinto a rincorrere l’ideologia della Lega, con la intenzione di agganciarsi meglio alle economie, almeno sino a poco più di un anno fa, più forti in Europa. “Differenziazione” è intesa come vera e propria “secessione dei ricchi”, ridimensionamento del principio della universalità dei diritti, trasformati in beni di cui le Regioni potrebbero disporre solo a seconda del reddito dei loro residenti; “differenziazione” per tornare ad emarginare il Mezzogiorno che rischierebbe di restare privo di pari riconoscimento della cittadinanza, potendo accedere a minori investimenti, in una condizione di sempre più debole economia; “differenziazione” rispetto anche alle autonomie locali, le istituzioni più vicine alla cittadinanza, che verrebbero espropriate di alcuni poteri a favore di nuovi carrozzoni centralizzati e inefficienti a livello regionale.
La riduzione dei parlamentari potrebbe contribuire ancora ad una involuzione negativa. La questione non può essere letta solo nel senso della riduzione delle spese. Che la politica oggi mostri gravi deficienze può essere visto come fatto indubbio. Se ci pensiamo bene, però, la denuncia delle deficienze dei nostri politici e dei nostri parlamentari è tutt’altro che odierna (e probabilmente non soltanto italica). Già all’indomani dell’Unità, Petruccelli della Gattina, raccontava del malanimo nei confronti dei parlamentari e dei ministri che frequentavano i balli di corte, che non potevano essere giudicati per tutto il loro mandato, che vivevano in palazzi principeschi, avevano biblioteche, ballerine del Teatro Regio, pronte ad assecondarli, ed erano pronti a dimenticare il loro vero ruolo, quello di rappresentare cittadini e territori. Il problema, però, oggi come allora, se pure in un contesto diverso, è nel rischio del ridimensionamento delle forme della democrazia. Oggi, ancora una volta, si avverte che la riduzione dei parlamentari è strumentale a un primo passo per ridimensionare la Costituzione, il parlamentarismo costituzionale, non dimenticando ma, piuttosto armeggiando, per squilibrare la visione articolata e concertata di un equilibrio perfetto dei poteri. E questo non può essere barattato con la ventilata promessa di una riduzione dei costi, perché dove si riducono irrazionalmente i costi della politica si riduce la qualità della stessa e la qualità della democrazia. Poiché la questione più vera riguarda la garanzia della rappresentatività dei territori, la riduzione dei parlamentari dovrebbe essere controbilanciata da una legge elettorale proporzionale che riconfermi un’ampia rappresentatività, senza soglia e con la certezza per gli elettori di potere scegliere il loro rappresentante. Vedremo.