Oggi parliamo di cibo. Nello specifico di quell’impasto di farina, acqua, lievito e sale che da’ origine ad uno degli alimenti più usati nella nostra cucina: la focaccia. O meglio, quella che io, da aviglianese doc, chiamo focaccia. Perchè questa precisazione? Il motivo è molto semplice: qualche tempo fa, ho scoperto ( con mio stupore ) che il concetto di focaccia non è universalmente condiviso, ma varia da paese a paese. Mi spiego meglio, ciò a cui faccio riferimento è quel “tipo di pane soffice con il buco al centro”. Convinta del suo nome, non mi è mai passato per la testa che qualcuno potesse chiamarla in modo diverso ma, un giorno, le mie certezze sono crollate. Tutto è nato quando, trovandomi a Tricarico, ho sentito chiamarla “ruccolo”. Da qui, sentendomi un po’ come il Moscarda pirandelliano, ho iniziato ad indagare.
Dal tête-à-tête tra “focaccia” ad Avigliano e “ruccolo” a Tricarico e dopo qualche sondaggio, viene fuori che nella maggior parte dei paesi lucani viene chiamata semplicemente “ciambella”, dovuto appunto alla sua particolare forma.
Focaccia deve il suo nome al latino “focacia”, “focus” ( focolare): cotto al focolare. Dalle ricerche emerge che questo termine va ad indicare piu che altro un tipo di pane schiacchiato, con nessun riferimento alla sua forma a “ruota”. Alla luce di ciò, ormai priva di ogni certezza mi chiedo: focaccia, ruccolo, ciambella qual è il suo vero nome?
Ai posteri l’ardua sentenza.