“Ho capito, si ripete l’antico rito, lo stesso giorno, freddo d’inverno da migliaia di lune, chissà per quanto ancora si ripeterà, forse finché qualcuno ci sarà.” Così recitano i primi versi dell’inno del carnevale tricaricese, “17 gennaio” scritto da Francesco Tomacci, leader de “La Gatta Mammona”.
Ci troviamo infatti a Tricarico, nella città arabo-normanna, dove, il giorno 17 del primo mese dell’anno, come di consueto, in occasione della festa di S. Antonio Abate, si dà il benvenuto al carnevale attraverso una delle manifestazioni più importanti e belle della nostra regione.
Il carnevale di Tricarico si presenta in modo molto diverso rispetto a qualsiasi carnevale tradizionale. Si tratta di un rituale vero e proprio profondamente radicato nell’animo dei suoi cittadini che vivono questo giorno come un qualcosa di magico e speciale.
Tutto ha inizio nelle primissime ore del mattino, prima ancora che Apollo, con il suo carretto, porti il sole ad illuminare il cielo; alle 5.00 infatti, presso un antico frantoio, tutti i “manifestanti” si riuniscono e comincia la loro vestizione. Ma non vi aspettate di vedere Arlecchino, Colombina o Brighella, la loro maschera, ormai conosciuta anche fuori regione, ed entrata nel 2009 a far parte della Federazione Europea Città del Carnevale, rappresenta una mandria caratterizzata da mucche e tori. La maschera della mucca è un’apoteosi di nastri colorati, il toro invece è completamente nero con nastri rossi. Una volta pronti, muovendo i campanacci che, attraverso il loro suono fanno da sveglia agli abitanti del borgo, comincia la sfilata.
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Alle 8.00 si accende il falò e i figuranti si riuniscono presso la chiesa di S.Antonio dove avviene la benedizione delle maschere.
Dopo aver compiuto i consueti tre giri intorno alla Basilica e dopo il dialogo tra il conte e il capo mandriano; “il branco” si divide in tanti piccoli gruppi dando vita al rito della “questua” ossia, il suono cupo dei campanacci, fa uscire gli abitanti dalle loro dimore offrendo a “mucche e tori” cibo e vino. Verso l’ora di pranzo si ritorna poi tutti al frantoio dove si mangia, si beve, e si canta.
Inizia così uno dei periodi più belli dell’anno, che non si limita ovviamente alla sola giornata del 17. Da questo momento in poi, fino alla fine del carnevale, è d’uso a Tricarico, “portare le serenate”: gruppi di ragazzi “armati” di tamburelli, chitarre e zampogne, si recano, senza preavviso e quasi sempre dopo la mezzanotte in case altrui “facendo musica” e “obbligando” il padrone di casa a donargli da mangiare.
Un carnevale insomma, tutto da vivere e scoprire.
Donatella Filadelfia