Partono oggi ad Avigliano i festeggiamenti in onore del Santo Patrono, San Vito Martire, la cui origine non ha data certa, ma si tratta di un culto monto antico, antecedente al 1500, periodo in cui è stata eretta l’attuale cappella sulle rovine di una più antica. Essa si erige al di fuori del centro cittadino, poiché, cadendo la festività in un periodo di intense attività agricole, la tradizione popolare ha legato questo Santo al mondo contadino, come speciale protettore della carestia e della fame, nonché dalle conseguenze nefaste della fatica nei campi.
Quattro sono le icone del santo martire conservate nelle chiese aviglianesi, risalenti più o meno tutte al XVIII secolo: oltre a quella conservata e venerata nella cappella di San Vito, la più nota, si trova una nella cappella laterale della Basilica, un’altra, a opera di un ignoto intagliatore lucano, nella Chiesa dell’Annunziata, mentre un’altra oggi è conservata nella cappella di san Biagio. Tutte e quattro ritraggono il martire giovane, vestito elegantemente e avvolto da un mantello rosso, simbolo del martirio, con una croce stretta al petto e due cani (solo quella conservata a San Biagio ci è giunta con un solo cane); tuttavia si notano delle differenze: le statue conservate nelle Chiese dell’Annunziata e di San Biagio raffigurano il santo con la palma del martirio in mano, inoltre il Santo indossa abiti da soldato sia nell’icona di San Biagio che della Basilica. Nell’effige venerata e portata in processione, in legno policromato, il martire porta nella mano destra un libro, molto probabilmente il testo sacro ed è accompagnato dal suo maestro, San Modesto, e dalla sua nutrice, Santa Crescenzia, suoi compagni di martirio.
La tradizione vuole che le tre icone vengano portate in processione, la sera del 14 giugno, dalla Chiesa in cui sono custodite fino alla Basilica Santa Maria del Carmine, per farvi ritorno la mattina del 15, quando avviene la solenne celebrazione. Fino a qualche anno fa, in Piazza Gianturco veniva eretto un tempietto in onore di San Vito, utilizzando la facciata della chiesetta nella quale si venerava San Rocco, oggi sede dell’Azione Cattolica.
Nel pomeriggio si tiene, nel piazzale antistante la Cappella, la benedizione degli animali, riprendendo alcune antiche leggende devozionali: si narra che il giovane, mentre era in Sicilia, in nome di Gesù, risuscitò dalla morte un fanciullo, sbranato e ucciso dai cani; un’altra leggenda narra, invece, che San Vito uscì illeso dal tentativo di persecuzione di Diocleziano che, rinchiusolo in un’oscura prigione, lo sottopose a varie torture davanti ad un cane idrofobo.
Tante sono le notizie tramandate dalla tradizione e dalla fede, per cui è oggi impossibile distinguere ciò che è realmente accaduto dalla leggenda, ma, ciò che è certo, è che morì in Lucania il 15 giugno del 304, insieme ai suoi educatori, giustiziati dall’imperatore Diocleziano con la pena del rogo.
Nella chiesa di San Vito, in una teca d’argento, pare fosse anche custodita la reliquia del braccio di San Vito, trafugata alla metà degli anni Ottanta.
San Vito è stato titolare della parrocchia di Avigliano dal 14 maggio 1748, con un decreto a firma del cardinale Tamburini, fino al 1811, quando titolare della parrocchia è divenuta la Madonna del Carmine, con San Vito compatrono. Ai fini civili San Vito è patrono dell’intero comune aviglianese dal 1895.
Mariassunta Telesca