Ci troviamo a Potenza, nello specifico, nel Museo Archeologico Provinciale ed è qui che dal 19 novembre scorso, ha preso vita la mostra “ Vito Masi. Mellotron”.
Osservando i quadri che troviamo esposti nella pinacoteca, ci si ritrova rapiti e catapultati in un’altra dimensione, quasi alienati dalla realtà circostante.
Baciato da Apollo, dio delle arti, l’autore Vito Masi sembra andare bel oltre una semplice rappresentazione pittorica, i suoi quadri dotati di una forza e prepotenza espressiva devastante, sembrano plasmarsi e diventare vivi.
Masi è un artista aviglianese, nato a Marchienne-au-Pont, in Belgio, dove passa la prima tranche della sua vita che inevitabilmente, influenza e condiziona le sue capacità artistiche; poi si trasferisce nel paese gianturchiano dove vive tutt’ora.
Prima d’oggi, i suoi quadri, sono stati protagonisti di altre due esposizioni: la prima risale al 1999 allestita ancora una volta nel Museo Archeologico Provinciale di Potenza, la seconda nel 2001 presso il Circolo culturale “La Scaletta” di Matera fino ad arrivare al “MELLOTRON” che resterà aperta fino 20 dicembre.
Il mellotron è uno strumento musicale a tastiera divenuto popolare alla fine degli anni ’60, è il progenitore dei moderni campionatori.
Come mai la scelta di questo titolo, ricercato ma bizzarro?
La risposta la troviamo nel testo critico di Luca Beatrice (organizzatore dell’evento con il patrocinio della Regione Basilicata, della Provincia di Potenza e del Comune di Avigliano) : “è un termine che, indubbiamente, profuma di antico, ricco di quel gusto vintage che nel nostro presente muove l’anima ben più dell’ultimo ritrovato high tech.”
Per alcuni versi, ci riporta alla memoria “l’Amarcord” felliniano, l’intestazione della mostra vuole essere quindi un ricordo, la memoria di un passato ormai andato ma che continua a riaffiorare.
Le opere che vediamo esposte sono realizzate con molteplici materiali : gesso, stucco, grafite fino ad arrivare alla moderna fotografia digitale, i soggetti sono soprattutto i suoi familiari, di cui rappresenta e sublima i corpi: la schiena, la pancia, le mani, il volto e di tanto in tanto troviamo qualche paesaggio come immagine dei suoi giorni trascorsi. Ciò che balza subito allo sguardo dello spettatore, è l ‘assenza di colori vivi, i suoi dipinti sono infatti un continuo rimbalzare di chiaro-scuri, di luce-ombra; effetto che produce un senso di smarrimento nell’osservatore, in linea con l’obiettivo dell’autore.
Il filo conduttore della sua mostra è infatti la malinconia; con la stessa capacità di Dorian Gray di trasferire la sua essenza ad un quadro, Masi riversa nelle sue composizioni artistiche i turbamenti, le ansie e le inquietudini del suo profondo animo dalla molteplice natura, come si legge dalle sue parole, il suo è :“desiderio in fondo all’anima, di una cosa, di una persona mai conosciuta o di un amore che non si è mai avuto, ma di cui si sente dolorosamente la mancanza.”
Donatella Filadelfia