Il castello Federiciano di Lagopesole, dopo essersi imposto sul territorio nazionale come uno dei maggiori attrattori a parlare dell’imperatore svevo che abitò quelle mura, si fa ospite di un’altra storia, o meglio di tante storie, che hanno caratterizzato un’importante momento storico della nostra terra e della nostra gente: l’emigrazione transoceanica e transappenninica.
Il 22 giugno, infatti, è stato inaugurato, a Lagopesole, il “Museo dell’emigrazione lucana”, a cura del “Centro dei Lucani nel mondo Nino Calice”, su iniziativa della Regione Basilicata e della Commissione regionale dei lucani nel mondo, per testimoniare il forte legame tra le comunità lucane emigrate ed i loro parenti.
Per Vito Giuzio, vicepresidente della Crlm, l’inaugurazione del museo rappresenta un momento fondamentale per la memoria della storia lucana e per il sindaco di Avigliano, Vito Summa, «è un’importante occasione che viene data al nostro territorio per ricomporre la storia, una storia fatta di emigrazione con il sogno di un futuro migliore e che oggi viene rappresentata in un contenitore fisico all’interno del quale vengono depositati ricordi e testimonianze arricchite da importanti documenti».
L’idea di dotare anche il Sud e la Basilicata di uno spazio espositivo per raccontare la storia dell’emigrazione nasce nel 1999, in seguito alla visita di Giannattasio Stella e Mirella Baracco al museo dell’emigrazione di Genova. Da sempre, infatti, la Basilicata è stata soggetta a flussi migratori, che seguono un po’ l’andamento nazionale e storico: per il Brasile, “la Merica” (Argentina, Brasile e Stati Uniti), le miniere del Belgio, la Francia, la Germania, l’Australia o la Svizzera sono stati 738.854 i lucani, uomini e donne, bambini e adulti, analfabeti, semicolti o laureati, che tra il 1861 e il 2005 hanno lasciato la propria terra natìa in cerca di migliori condizioni di vita. (…)
Il Museo, secondo il coordinatore del Centro “Nino Calice” Luigi Scaglione, non ha l’obiettivo di suscitare sentimenti di nostalgia, bensì di mantenere vivo il ricordo, legandolo alle azioni, ai sacrifici, alle vittorie, alle sconfitte, alle storie della nostra emigrazione come esempio e monito per la emigrazione e la immigrazione di oggi. «Storie come quelle dei nostri giovani lucani – precisa – morti per mano assassina mentre si trovavano fuori casa per lavoro o studio, come Domenico Lorusso o Antonio Rossi, devono essere il fulcro dei nostri racconti futuri».
Quello di Lagopesole, dunque, ”Non è un museo di vetrine, di foto e di documenti, di qualche valigia e qualche passaporto”, spiega il direttore del museo di Genova, Pierangelo Campodolico. «Al ‘Centro Nino Calice’ si è fatta una scelta diversa: raccontare l’emigrazione non attraverso gli oggetti, ma attraverso le storie e, perciò, attraverso le persone: nulla ha il valore delle loro storie. Così, lo sforzo dei curatori, dei progettisti, degli allestitori, degli attori che li hanno rappresentati è stato quello di porre in evidenza proprio le storie».
«Il visitatore viene introdotto in una serie di racconti fatti anche con documenti cartacei, con la giusta attenzione alla lingua degli emigrati, anche con le sue ‘attendibili’ e interessanti sgrammaticature», precisa la Prof.ssa Patrizia Del Puente, membro della comitato tecnico-scientifico.
Grazie, infatti, all’utilizzo di strumenti multimediali, installazioni interattive e arti visive che riproducono il viaggio e le sue emozioni, il museo si presenta proprio come il racconto di storie, personaggi, vicende, attraverso quattro sale espositive: la prima, “La Regione Basilicata”, si presenta come un excursus storico sulla situazione regionale all’epoca delle grandi migrazioni, al fine di spiegare le motivazioni principali che spinsero a partire, mentre al centro della sala un ‘carretto’ ricorda la visita del primo ministro Zanardelli in Basilicata nel 1902; segue la sala soprannominata “Il mondo nuovo”, dove il Globo terrestre riporta quelle traiettorie migratorie che dalla Basilicata si dipanano a raggiera verso nuovi stati e continenti e la ricostruzione della ‘macchina del Mondo nuovo’, vecchio strumento ottico, permette la visione di realtà planetarie all’epoca ritenute fantastiche, circondate da una caleidoscopica visione del mondo, data da raffigurazioni delle grandi città mondiali, da manifesti d’epoca e miti; ed ecco, allora, il momento della partenza, su un treno d’epoca fedelmente ricostruito, sul cui fondo sono proiettati filmati di approfondimento in loop, che descrivono la partenza degli emigranti.
Continuando nel percorso ci si imbatte nella terza sala intitolata “La bussola del viaggio”, dove, attraverso proiezioni a parete, suoni e odori, viene ricreato l’intero viaggio in nave, nelle cabine e nei dormitori, con scene di naufragio, fino con all’arrivo al porto di New York e il passaggio obbligato a “Ellis Island”, quarto allestimento, al cui termine sono posizionati tre schermi touch screen in cui delle applicazioni riproducono quei test che gli americani facevano agli emigrati per consentire l’accesso al paese; passata la ‘frontiera’ una catasta di valigie diviene installazione per raccontare delle storie particolari di emigrati e lettere aperte simulano brevi missive. Nella stessa sala sono appesi alle capriate numerosi teli che raccontano l’insediamento degli emigranti sul suolo straniero, affrontando i temi dell’integrazione, del lavoro, del successo di alcuni e del fallimento di altri, nonchè delle grandi tragedie che hanno segnato diversi italiani nel mondo.
Alla fine di questo viaggio “virtuale”, ma emozionale, è possibile fare una foto ricordo, scegliendo tra diverse immagini, così da immedesimarsi ancora un pò in coloro che ‘si sono fatti signori’ migrando in altre terre.
Il museo, all’interno del castello federiciano, si presenta, dunque, come un luogo di memoria nonché di attrazione turistica, anche per quel turismo di ritorno, che l’Expo ha inaugurato, come ha ricordato Nicola Benedetto, presidente della Commissione regionale dei Lucani nel mondo: «Puntare sul turismo culturale sotto l’occhio vigile dei connazionali, incentivando le associazioni dei giovani, ‘sfruttandone la loro freschezza di idee’, il tutto nell’ottica dell’entusiasmo ora all’apice per Matera capitale europea della cultura 2019».
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