Uno studio serio dei proverbi deve tener conto che il più delle volte la saggezza popolare si esprime attraverso allusioni e metafore, detti apparentemente semplici che però nascondono significati sorprendenti ed interessanti. Alcuni esempi chiariranno questa linea interpretativa.
Figna a la cchiù bella tene sett’ r-fiett’.
(Perfino la più bella ha sette difetti).
Anche ciò che è bello in modo evidente e sembra all’apparenza perfetto, nasconde difetti ed imperfezioni. Ovviamente non si tratta solo di difetti in senso fisico ma soprattutto di difetti in senso morale e psicologico. Questo proverbio può rivelarsi molto utile ed istruttivo nella considerazione, a volte frettolosa, a volte superficiale dei beni esteriori appariscenti. È come se il suo messaggio di fondo volesse avvertirci, come se volesse portarci al di là dell’ovvio. Infatti il più delle volte, se non sempre, la bellezza troppo vistosa nasconde piccole imperfezioni, piccole disarmonie, abbaglia e copre difetti non trascurabili del carattere. Questo proverbio ci invita a superare il fascino delle attrazioni esteriori.
La vita jè n’affacciata r’ funestra.
(La vita è un’affacciata di finestra).
Il concetto di vita è veramente molto esteso. La vita di una persona non si può riassume in poche parole, non è analizzabile in modo esauriente nemmeno con le migliori descrizioni. Ma affacciarsi ad una finestra è una cosa molto semplice, soprattutto se si considera ciò che si può vedere dalla visuale ristretta che offre una finestra. Due concetti, dunque, uno ampio, anzi molto ampio, e uno ristretto. Perché questo contrasto? Di certo la vita è un fenomeno molto complesso, ricco di elementi svariati, ma a ben vedere la vita di ognuno è poi abbastanza circoscritta, ridotta, contenuta. In fondo, può forse l’uomo fare tutta l’esperienza del mondo nell’arco limitato della sua breve esistenza terrena? Nella specifica nostra condizione umana le possibilità dell’esperienza sono, in realtà, abbastanza limitate. Non abbiamo a nostra disposizione tutti gli anni, la forza e l’energia per conoscere interamente tutti i fenomeni dell’universo. Da queste considerazioni, essenziali se si segue il proverbio nella sua valenza descrittiva, emerge quasi spontanea alla fine un’ovvia implicazione: se quel che possiamo conoscere della vita è di fatto relativo e circoscritto, allora non dovremmo essere più attenti a non sprecare in vuote distrazioni i nostri anni? Forse, sembra implicare il proverbio, dovremmo essere più gelosi del tempo e delle occasioni che sono concretamente alla nostra portata.
Fai l’art’ ca sai, ca s’ nun t’arriccisci tir’ a cambà.
(Fai l’arte che sai, perché se non ti arricchisci tiri a campare).
Sembrerebbe questo un suggerimento che, nella parte finale, abbia solo intenti vagamente consolatori. Però l’essenziale, il messaggio di fondo, è racchiuso nelle parole d’inizio: fai l’arte (o il mestiere) che sai. “Sapere” qui è da intendere nel senso di “saper fare”, “essere in grado”, come quando si dice “Pietro sa suonare”, “Elena sa dipingere”, “Michele sa parlare”. Il verbo sapere qui indica perizia, abilità, competenza. Quindi il proverbio incoraggia a fare ciò che uno sa fare, a seguire le proprie inclinazioni e a mettere a frutto i propri talenti.
La seconda parte è una semplice conseguenza: se uno fa ciò per cui è portato, probabilmente non s’arricchirà ma comunque vivrà essenzialmente bene. Ma l’importante allora dov’è? In realtà il proverbio racchiude una bella saggezza: l’importante è seguire, sviluppare e coltivare le proprie doti naturali. Quindi, nella scelta del lavoro, della carriera, della professione si dovrebbe dare più rilievo alle proprie capacità personali e non hai soldi. L’importante è il rispetto di sé stessi, qui nella forma dei talenti individuali.
Quann’ lu ben’ è tropp’ in vista, perd’ grazia, prezz’ e siest’.(Quando il bene è troppo in vista, perde grazia, prezzo ed equilibrio).
Anche le cose positive, se vengono messe troppo in evidenza, perdono la loro naturale attrattiva. E così, chi si compiace troppo dei propri meriti, anche se onesti, rischia di risultare ampolloso e noioso. Questo proverbio suggerisce di considerare più attentamente la sostanza delle cose.
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