Papa Francesco è una figura che sta rinnovando in senso positivo non solo gli assetti gerarchici all’interno della Curia ma perfino il modo di comunicare con il popolo dei fedeli, accorciando le distanze anche con quella parte della società che prima di lui guardava al mondo ecclesiastico con diffidenza. Una rivoluzione antropologica oltre che teologica in cui nessuno si sente escluso.
La sua umanità è palese nella gestualità, nel linguaggio, nel peso leggero di parole semplici che suscitano emozioni e stati d’animo mai fugaci, mai banali, che segnano perennemente e che pervadono l’humus più profondo dell’umano. Questo, forse, è il segreto dell’amore e della ammirazione che questo pontefice è riuscito a suscitare, ispirato alla continua ricerca del contatto con la gente comune. Tuttavia, il discorso attorno al ribattezzato “Vescovo di Roma” è molto più complesso di quanto possa sembrare, ed è approfondito dal giornalista e vaticanista del Tg1 Fabio Zavattaro.
Nel suo libro “Stile Bergoglio. Effetto Francesco” egli descrive il frutto maturo dell’incontro ravvicinato con un pontefice che sta cambiando le sorti della Chiesa, sdoganandola verso consuetudini meno cerimoniose e, soprattutto, cercando di spogliarla dei suoi privilegi per renderla umile e vicina alle “periferie dell’esistenza”. Il simposio, organizzato dall’Associazione “Francesco Saverio Nitti” e coordinato dal suo direttore Gianluca Tartaglia, si è svolto nel proscenio del Centro Culturale Nitti ha avuto il merito di far affiorare il bisogno di riflettere attorno a una figura tanto amata e, a volte, discussa. Gli interventi dei relatori, dopo l’incipit introduttivo del direttore Tartaglia, si sono diramati sul filo dell’attualità, alla luce delle dichiarazioni che l’attuale Pontefice ha rilasciato proprio nello scorso fine settimana, annunciando la notizia che entro la fine del 2015 ci sarà un nuovo Giubileo dedicato all’Anno Santo straordinario della Misericordia.
A questo lieto annuncio fa eco una strana sensazione di cui si parlerà nell’intervista all’autore del libro che, in esclusiva, Il Lucano magazine ha realizzato a fine incontro. Gli interventi, a partire da quello del giornalista del TgR Basilicata Edmondo Soave fino alla riflessione del vescovo della Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco, impreziosito dalla rappresentanza delle istituzioni locali nella figura dell’assessore all’Istruzione del Comune di Melfi, Lucia Moccia, si sono snodati anche sulla comparazione tra l’attuale pontificato e i precedenti, evincendo come le diverse tappe che ha vissuto la Chiesa da Giovanni XIII ad oggi non siano poi così distanti.
Il simposio è stato intervallato dalla lettura di alcune pagine del libro da parte dell’attore Gennaro Tritto. In attesa che arrivi la data del 8 dicembre 2015, giornata che darà l’avvio alla lunga parentesi giubilare, analizziamo con l’autore in questa intervista anche altri punti chiave del pontificato di Papa Francesco cercando di ravvisare quale sarà il futuro di un pontificato che, stando alle ultimissime dichiarazioni del Pontefice, potrebbe essere breve.
Papa Francesco ha annunciato che entro la fine del 2015 ci sarà un Giubileo straordinario, che sarà la festa del perdono, un invito all’indulgenza. Pochi giorni fa, però, ha anche dichiarato a un’emittente televisiva messicana di avere la sensazione che il suo pontificato non durerà molto. Che ne pensa?
L’idea dell’Anno Santo della Misericordia nasce dal suo desiderio di chiedere alla Chiesa e agli uomini e donne di questo mondo di continuare il processo di rinnovamento che Giovanni XXIII aveva messo in atto con il Concilio Vaticano II. Sarà un anno straordinario che avrà momenti importanti dedicati a ricostruire un percorso di misericordia di attenzione a tutto l’uomo, di rinnovamento e di riconversione. Non è un caso che l’anno Santo inizi nel giorno in cui fa memoria la conclusione del Concilio ed è annunciato nel giorno in cui il pontificato di Papa Francesco compie due anni. Bene lui ha detto, si tratta di un pontificato che porta a compimento i quasi otto anni del vicariato di Benedetto XVI e che potrebbe far ipotizzare che anche Francesco, come Ratzinger, possa avvalersi della rinuncia.
Lei crede che Bergoglio rappresenti una continuità con Giovanni Paolo II e una discontinuità con Ratzinger? Io direi una continuità con entrambi, anche se con strumenti e modi diversi. Continuità con Giovanni Paolo II per il fatto che è un Papa della fede, dei gesti, del contatto con le persone, perché sceglie i contenuti e traduce con immagini, gesti ed espressioni semplici il messaggio che proviene dal Concilio Vaticano II, e chiama a una riflessione più profonda; una continuità con Ratzinger per la sua capacità di scegliere un percorso teologico e pastorale differente.
È indubitabile che Papa Francesco stia rivoluzionando il mondo ecclesiastico, e questo forse desta qualche “mal di pancia” all’interno della Curia?
Se ci sono dei “mal di pancia” nascono dal fatto che egli sta mettendo in discussione una prassi e dei comportamenti consolidatisi nel tempo che vanno cancellati, quei privilegi presenti in alcuni uffici della Curia.
Potrebbe esserci un legame tra questi dissidi interni e la sensazione che il suo mandato possa finire a breve?
Non penso che vi sia questo legame. Ciò che dice rientra nel suo stile di comunicare, immediato, che arriva subito alla gente. La lunghezza del pontificato dipenderà da una sua preoccupazione, quella di non essere capace di continuare questi cambiamenti in conformità con il disegno che i cardinali stanno portando avanti con la riforma della Curia.
Secondo lei riuscirà a portare a termine la Riforma della Curia tanto annunciata prima che finisca il suo mandato?
Secondo me sì, perché sa ascoltare e correggere, ma è anche colui che decide. I cardinali del Concilio sono chiamati a trovare le possibilità di cambiamento. Francesco sarà il Papa che darà forma e attualizzerà queste procedure.
Francesco parla alla gente con un linguaggio nuovo, dando forma a un nuovo tipo di comunicazione semplice e diretta, fatta di contenuti nel momento in cui prende posizioni controcorrente…
È vero, ma non c’è da stupirsi. Francesco è l’Arcivescovo che in Argentina, a Buenos Aires stava con i poveri, nelle favelas, incontrava gli emarginati, i malati e contestava quella politica che li ignorava. È il Papa gesuita abituato a correggere e ad accompagnare il cammino delle persone.
Le sue dichiarazioni contro la corruzione, le mafie, le processioni definite talvolta ossequiose nei confronti delle famiglie dei boss, fanno parte del suo linguaggio che trasmette messaggi forti, chiari e non sibillini. Non crede che le sue siano posizioni anche un po’ politiche, nel senso originariamente “buono” del termine?
Ben ha fatto a dire ciò che pensa. Non dimentichiamo che a dicembre ha incontrato i politici a cui ha rivolto un discorso forte. Siamo tutti peccatori, sì, ma corrotti no. Le sue sono dichiarazioni legate a cambiamenti concreti e realizzabili. Certamente, questo compito spetta al politico ma anche il sacerdote e il vescovo deve mostrare una volontà di cambiamento.