La Lucania, aspra e suggestiva, decantata da Mario Trufelli, non senza vene nostalgiche, nell’omonima poesia, rimane, nel pensiero del giornalista tricaricese, la terra dove il “pane ha il sapore del grano”. In questa semplice, e per certi aspetti ovvia, affermazione poetica vi sono almeno tre questioni che, inevitabilmente, emergono quando si discute di pane.
La prima riguarda l’origine del prodotto. Dire pane, senza nessuna specificazione, significa, almeno nel contesto storico e geografico mediterraneo, riferirsi al prodotto da forno, di colore bianco, ottenuto esclusivamente dalla lievitazione naturale dell’impasto di semola di grano. Come tale, esso simboleggia, senza distinzioni di religione e di razza, la vita stessa dell’uomo, la storia dell’umanità. Il pane, infatti, nella preghiera dei cristiani rimanda al corpo di Cristo, mentre nel mondo terreno identifica il potere, di vita e di morte, esercitato sulle masse popolari da chi ha il dominio dell’offerta. Non bisogna dimenticare che nel passato, spesso caratterizzato da raccolti scarsi e carestie prolungate, il controllo della produzione di pane è stato esercitato, con balzelli assurdi, finanche sull’uso dei forni. La storia, anche recente (Primavera araba), porta, però, a non dimenticare che l’aumento del prezzo del pane è stato all’origine di rivolte popolari sanguinose.
La seconda questione rimanda ai tempi magri, durante i quali la produzione di grano è stata insufficiente a soddisfare la domanda di pane. In queste situazioni, la carenza di grano è stata compensata con sfarinati di altri cereali. Quando, però, lo squilibrio tra domanda e offerta di pane è apparso non risolvibile, la povera gente è stata costretta a ricorrere ad altri sostituti che hanno interessato castagne (pane dei boschi), legumi, ghiande, radici e, forse, addirittura segatura. Naturalmente, con questi ingredienti più che di pane occorre parlare di veri e propri intrugli di colore scuro. La possibilità di “tagliare” la farina di grano con dei surrogati migliora con la scoperta dell’America poiché sulla scena europea compaiono granoturco e, molto tempo dopo, patata.
La terza questione della riflessione poetica di Trufelli rimanda al mondo d’oggi, nel quale la globalizzazione dei mercati ha letteralmente inondato i grandi negozi, se non le panetterie, di pagnotte precotte e surgelate, anche proveniente dall’estero, imbottite di grassi e di additivi, nel tentativo di standardizzarne la produzione e di ridurne i costi; prodotti che non hanno nulla da spartire con il detto popolare “buono come il pane”.
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