IN BASILICATA È TEMPO DI SALSA

Tra tradizione e innovazione, la testimonianza di Eleonora: «Un appuntamento imperdibile che mi lega al ricordo della mia mamma»

L’estate sta finendo e un anno se ne va”: in questo preciso istante, c’è chi sta canticchiando il verso della canzone dei Righeira e chi, invece, non è ancora pronto a salutare l’estate per far ritorno ai ritmi della routine. Le ultime settimane di agosto sono travolte da un senso di prepotente malinconia smussata dall’incontro con le tradizioni, quelle a cui ci ancoriamo quando vogliamo portare sempre con noi un minuzzolo delle nostre origini. In Basilicata, la fine del mese di agosto coincide con la preparazione di una delle più grandi invenzioni culinarie, vale a dire la salsa lucana. Un’usanza, questa, che va avanti da secoli e che coinvolge intere famiglie, pronte a riunirsi in appositi locali siti principalmente al piano terra delle singole abitazioni. Al di là del prodotto finale, sono giorni molto intensi per nonne e mamme che non possono proprio rinunciare a questo appuntamento annuale, e per figli e nipoti pronti ad apprendere “i trucchi del mestiere”, senza disperderne l’autenticità.

Anche Eleonora Sofia, 29enne policorese, da sempre legata alla famiglia, alla sua terra e al calore della gente del sud, neanche per quest’anno ha voluto rinunciare alla preparazione della salsa. «Sin da quando ero piccola, – racconta la giovane – la salsa è sempre stata un appuntamento fisso sul calendario, da rispettare rigorosamente per prepararsi alla stagione invernale. Un po’ come le formiche che accumulano cibo durante tutto l’anno per preparare le scorte per i periodi più freddi. In effetti, la salsa non si riduce a poche quantità: solitamente, se ne cerca di fare sempre in più per protrarne il consumo nel corso degli anni. A occuparsene è sempre stata la mia mamma che, purtroppo, non c’è più, aiutata da mio padre. Entrambi finivano per coinvolgere anche me e mio fratello. Non credo ci sia una procedura perfetta, universale, credo più che sia legata al modo di pensare della famiglia, alle sue esigenze e alle tradizioni. A dire il vero, si tratta di un’usanza che ha preso avvio dai miei nonni, poi tramandata e accolta dai figli, di generazione in generazione».

COME SI PREPARA LA SALSA IN CASA SOFIA

Il primo step è, sicuramente, l’acquisto dei pomodori da venditori appositi. «Nel nostro caso, – spiega Eleonora – non è stato sempre necessario, poiché ne avevamo grandi quantità coltivate nei nostri terreni. Una volta stabilite le quantità e aver proceduto all’acquisto, segue la parte che mi piace meno, vale a dire la ricerca di boccacci o bottiglie e il conseguente lavaggio. Ci si assicura di possedere tutti i tappi necessari per poter chiudere le bottiglie o i boccacci e, mal che vada, si provvede subito ad acquistarne di nuovi. La salsa è un po’ come la pesca, comincia alle prime ore del giorno, per poter godere ancora della frescura di prima mattina. Poi, si immergono i pomodori in grandi bacinelle piene di acqua e si procede al loro risciacquo, che viene effettuato più volte. Una volta lavati, sempre immersi nell’acqua, i pomodori si spaccano in due, in primis per controllare che siano buoni».

«Conclusasi questa fase, – aggiunge la ragazza – si procede a immergere le bacinelle piene di pomodori, accuratamente divisi a metà, all’interno di una grande pentola in rame o alluminio, chiamata in dialetto “caudar”, dove i pomodori cuoceranno. Si tratta di una fase abbastanza delicata, in cui si dovrà stare ben attenti a non far attaccare i pomodori alla pentola, girandoli continuamente con un mestolo. Una volta cotti, vengono spostati in apposite ceste con delle tovaglie a scolare, per far uscire l’acqua in eccesso e far sì che si raffreddino. A questo punto, arriva il momento della spremitura: ci si serve di un’apposita macchina, un tempo manuale, ora elettrica. La salsa prodotta da questa spremitura viene raccolta in una bacinella abbastanza grande, indicativamente in base alle quantità e viene condita con del sale. Per essere sicuri che esca quanta più salsa possibile, la spremitura viene ripetuta più volte. Segue la fase di riempitura delle bottiglie o dei boccacci, che vengono accuratamente chiusi per evitare che durante la cottura possano aprirsi. La cottura avviene all’interno di quello che viene chiamato fusto, dove vengono immerse le bottiglie, prima di essere riempito di acqua. Si attende l’ebollizione dell’acqua e, dopo una mezz’oretta circa, si spegne il fuoco e si lasciano riposare le bottiglie al suo interno fino al giorno dopo, in modo tale da raffreddarsi. La mattina seguente, le bottiglie vengono tolte fuori e riposte nei vari scaffali, con una durata a lunga scadenza, che si può estendere fino ai 4/5 anni»

Qualche giorno fa, Eleonora ha postato sul suo profilo Instagram una foto che la ritraeva con uno scamiciato a fiori della sua cara mamma, un classico indossato dalle donne lucane di un tempo, specialmente in questi momenti di raccoglimento e ha voluto parlarcene a cuore aperto: «Cercavo qualcosa di vecchio da indossare, dato che in queste circostanze si è soliti infilare robe vecchie senza temere che si sporchino o rovinino. A quel punto, ho pensato di curiosare nei cassetti di mamma, dove ancora ci sono le sue cose e mi sono imbattuta in questo scamiciato a fiori che ha subito attirato la mia attenzione. Mi piacciono i fiori e, stranamente, pur non essendo di tendenza tra noi ragazze, è stato “fiore a prima vista”. Per questo, ho deciso di indossarlo per l’occasione. La cosa curiosa dei vestiti della mia mamma è che ancora conservano il suo profumo. Non so come sia possibile, ma ogni tanto apro il suo armadio e mi sembra di vederli ancora tutti indossati. Quando prendo in prestito qualcosa di suo mi sembra quasi di essere lei, anche se per poco, e la cosa che mi piace di più è che mi sento come se fossi completamente avvolta in un suo abbraccio».

Quando si perde un genitore, i figli diventano i custodi della sua memoria. Quando una madre o un padre vanno via per sempre, in pochi riescono a trasformare il dolore in qualcosa di autenticamente bello. L’azione di Eleonora di indossare lo scamiciato della sua mamma e il successivo passo di voler postare un selfie sui social è quasi una modalità di prolungamento di quel cordone ombelicale che nessuno potrà mai spezzare. Nel momento in cui Eleonora decide di condividere quello scamiciato con i suoi followers è come se volesse protrarre quell’amore così puro e genuino che solo una mamma può insegnare: un sentimento, questo, che ci accompagna in ogni momento della nostra vita, a qualsiasi età. Un affetto insostituibile, ancora, che riemerge durante la preparazione della salsa e che va a introdursi nella cassetta dei ricordi, quella che accompagnerà per sempre la versione bambina di Eleonora, ancora poco esperta nella scelta dei pomodori, e quella di donna che riconosce l’importanza di rievocare gli insegnamenti della sua cara mamma nelle tradizioni. 

È pur vero, però, che tradizione fa rima con innovazione. E, come qualsiasi usanza che si rispetti, esiste sempre un ingrediente segreto e innovativo, affinché tradizioni del genere possano continuare a restare vive nel cuore e nella mente delle nuove generazioni. Per la 29enne lucana: «L’ingrediente segreto è conoscere queste tradizioni, accoglierle e farle proprie, aggiungendo qualcosa di personale, come il basilico: esso, infatti, sprigiona tutti gli oli essenziali che fanno sì che la salsa sia ancora più saporita. Una tradizione che continua a esistere è come una persona che non c’è più fisicamente, ma che continua a vivere. È un modo per ricordarla e per far sì che le sue origini, le sue radici non si perdano mai. È bello riprodurre qualcosa che sapevi facevano già in passato i tuoi nonni, tua mamma e così via: è come se la loro vita continuasse. Sono dell’idea che, oggigiorno, tendiamo ad acquistare tutto già pronto, dimenticandoci quasi come ciò venga preparato e ci adeguiamo a un sapore non proprio genuino. Perché, dunque, non consumare un prodotto fatto da noi, dove conosciamo gli ingredienti utilizzati e la loro provenienza? Certi sapori non si possono acquistare. In un’era in cui siamo sempre tutti indaffarati, tanto da non avere nemmeno il tempo di preparare un caffè e finendo con l’acquistare una macchinetta apposita per ridurre le tempistiche, sarebbe giusto fermarsi e dedicarci a queste tradizioni, che si confermano un’occasione indispensabile per riunirsi e produrre qualcosa di buono e autentico, assieme ai propri affetti».

Miriam Galgano