Quale futuro? È l’interrogativo che gli insegnanti si pongono di fronte al numero crescente degli studenti stranieri che popolano le scuole italiane.
Secondo i dati tratti dal MIUR “A partire dagli anni ottanta, quando gli studenti con cittadinanza non italiana erano poche migliaia (0,06% del totale nell’anno 1983-1984) abbiamo avuto una costante crescita, sia in termini di valore assoluto che percentuale. Ancora vent’anni fa, nell’anno scolastico 1996/1997 erano 59 mila, lo 0,7% della popolazione scolastica. Oggi gli studenti stranieri in Italia sono 877 mila, il 10,3 % del totale”.
Considerarli soltanto un numero è deleterio ma i fatti dimostrano che sono un “numero”…Non è difficile imbattersi, a scuola, in alunni stranieri trasandati, in stato di incuria, vestiti miseramente o privi del grembiule scolastico con ai piedi sandali estivi in pieno inverno. Alle spalle vi è un triste background famigliare e magari tirando le coperte si scopre che loro non ne hanno affatto e hanno dormito tutta la notte nei bagni pubblici del terminal bus. Probabilmente il papà è un bracciante agricolo sottopagato e nella peggiore delle ipotesi uno scansafatiche incapace di tirare avanti il ménage famigliare. In quest’ultimo caso gli studenti sono affidati alle cure di una casa-famiglia che talvolta omette di fornire alle scuole particolari importanti ma significativi per la salute dei loro ospiti. Ed è così che nel bel mezzo di una lezione, può capitare che un’insegnante si ritrovi in preda al panico di fronte ad un alunno crollato a terra per causa sconosciuta, o addirittura, a causa dei tremori evidenti di una crisi epilettica. Non resta che chiamare il 118 ed augurarsi che arrivi in tempo prima di aver risposto a tutte le domande che il caso necessita, morsi dall’ansiosa consapevolezza di essere all’oscuro che Pingo Pallino fosse affetto da tale patologia e di non essere in grado di fornire alcuna informazione agli operatori sanitari.
Ma da dove vengono gli studenti stranieri presenti in Italia? Rispondiamo a questa domanda facendo sempre ricorso al rapporto del MIUR: “Il paese di provenienza più rappresentato nella scuola italiana è la Romania con 158 mila studenti, il 18,8% degli alunni con cittadinanza non italiana. Seguono l’Albania (13,6%), il Marocco (12,3%), la Cina (4,8%), le Filippine, l’India, la Moldavia, l’Egitto, il Pakistan, l’Ucraina”.
La distribuzione territoriale degli stessi non è equilibrata. Gli studenti stranieri tendono, infatti, a concentrarsi nelle regioni del centro-nord, mentre nelle regioni meridionali l’incidenza è inferiore alla media nazionale. Tale distribuzione riflette il maggiore insediamento dei migranti nei contesti caratterizzati da un mercato del lavoro più favorevole. Il rischio è che un alunno sia sballottato da una regione all’altra, dall’oggi al domani, se il papà perde o cambia improvvisamente lavoro
Gli studenti che entrano per la prima volta nel sistema scolastico presentano i bisogni più marcati e urgenti. Oltre alle problematiche di inserimento devono confrontarsi con la conoscenza della lingua, che può rappresentare un ostacolo enorme. Sono queste le percentuali da tenere sotto controllo se si vogliono programmare i necessari interventi di accoglienza e le opportune azioni didattiche. I corsi di alfabetizzazione e i mediatori linguistici non sempre sono presenti e talvolta questa funzione viene svolta dall’amico/a di banco straniero che vive in Italia da più anni. Possiamo immaginare quanto possa apprendere il malcapitato! Fortunatamente la maggioranza degli alunni stranieri, il 63%, è nata in Italia. Si tratta dei cosiddetti immigrati di seconda generazione.
L’educazione interculturale deve favorire l’inclusione degli alunni stranieri nelle scuole italiane per predisporre condizioni paritarie che possano prevenire situazioni di disagio e di difficoltà derivanti dai nuovi contesti di vita e di studio.
Ma di quale intercultura, parliamo? Quanto spazio viene dato al confronto tra la cultura italiana e quella d’origine degli alunni stranieri? Molti alunni stranieri sembrano disinteressati all’apprendimento, non sempre a causa delle difficili vicissitudini famigliari, ma perché sognano di studiare la storia della loro terra piuttosto che quella dell’Italia. Quale sarà il futuro di questi studenti alienati?
La regolarità dei percorsi scolastici è un indicatore fondamentale dell’integrazione. I dati forniti dal MIUR parlano chiaro: “Il 40% dei quattordicenni stranieri è in ritardo scolastico, spesso dovuto all’inserimento in classi inferiori rispetto all’età. Si aggiungono i ritardi relativi alle bocciature e alle non ammissioni. Un dato è certo: gli alunni con cittadinanza non italiana sono quelli a più alto rischio di dispersione scolastica, con il 33,1% a fronte di una media nazionale del 14%”. Non resta che rimboccarsi le maniche. C’è qualcosa nel sistema italiano che non funziona…