In ambiente ANCE è sempre più evindente la convizione che è in atto uno svantaggio di Stato che danneggia la ripartenza del mondo produttivo.
Il costo eccessivo delle materie prime e il conseguente aumento indiscriminato dei prezzi dei materiali da costruzione ha un importante effetto sullo sviluppo delle opere che si dovranno realizzare con i fondi del Pnrr e per questo servono delle misure opportune da adottare, come la revisione automatica dei prezzi.
Sembra che vi sia qualcosa che non torna nell’azione del legislatore, vi è un disillineamento tra i propositi e le azioni concrete, infatti con la conversione a fine anno del DL 152 (legge n. 233 del 29 dicembre 2021), è definitivamente tramontata la speranza che la pubblicità possa soprintendere ai bandi di gara per i lavori del Pnrr. Qualsiasi forma di trasparenza è venuta meno perchè, non solo la procedura negoziata viene elevata, senza limiti di importo, a procedura principe per le gare del Pnrr ma addirittura è contemplato che “la pubblicazione, di cui al periodo precedente, non costituisce ricorso ad invito o bando di gara a seguito del quale qualsiasi operatore economico può presentare offerta”.
L’ANCE ha serie perplessità che il trascorrere infecondo dei tempi dal giugno 2019 (DL Sblocca Cantieri) ad oggi possa costituire un valido presupposto dell’utilizzo della procedura negoziata atteso che è attivabile al ricorrere di situazioni di estrema urgenza derivante da circostanze imprevedibili come il caso della ricostruzione del ponte Polcevera a Genova non certo per il trascorrere infruttuoso del tempo rispetto alla data finale di ultimazione lavori fissata per il 2026.
I tempi e le modalità di gara non sono i motivi principali per la mancata apertura dei cantieri, ma la vera criticità che non consentono il decollo dei cantieri è da individuare nella fase a monte delle gare, in quella fase cioè dove si perfezionano tutti i sub procedimenti finalizzati all’ottenimento delle autorizzazioni propedeutiche per la definizione dei progetti.
Si è ricorso alla figura dei “Commissari”, utilizzando una scorciatoia che non ha risolto il problema di aprire in tempi rapidi i cantieri, nonostante l’ampio potere, ma si sono preoccupati essenzialmente di rispettare “solo” la norma europea, la norma penale e la norma antimafia.
Infatti qualche settimana fa è stato presentato uno studio sull’attività dei Commissari, ricordando che sono in 49 per 102 opere e un importo di circa 100 miliardi. Le opere oggetto di commissariamento sono di varia natura: lavori stradali, ferroviari, portuali, idrici, edili e per il trasporto rapido di massa. Ebbene, lo studio dimostra puntualmente che le criticità che condizionano l’operato dei commissari sono tutte ricadenti nella fase a monte delle gare.
I cantieri non decollano per cinque macro questioni:
– le problematiche ambientali incidono in ragione del 20 %;
– le problematiche finanziarie per il 27 %;
– le problematiche archeologiche/paesaggistiche per il 15 %;
– le problematiche tecniche per l’11 %;
– le problematiche procedurali per il 27 %.
Non vi è alcuna problematica legata alla fase a valle del bando di gara ma, giova ribadirlo, sono tutte criticità riconducibili alla fase a monte del bando di gara.
La cosa assurda è che quantanche si arrivasse alla individuazione di una impresa affidataria, i recenti aumenti che hanno condizionato, e stanno tutt’ora condizionando, l’approvigionamento dei materiali e delle forniture renderanno di fatto ineseguibile qualsiasi contratto di appalto. Di recente si è tentato di fornire una risposta al problema della congruità dei prezzi attraverso l’articolo 29 del DL n. 4 del 27 gennaio.
Pur apprezzando l’intento che soprintende il provvedimento in esame, non può non rilevarsi come la soluzione ipotizzata sia assolutamente inidonea a fornire adeguate e tempestive risposte al problema sul tappeto.
Basti pensare che l’Istat procederà a definire la nuova metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali più significativi per l’esecuzione delle opere pubbliche, che verranno poi recepite dal Mims ai fini della determinazione delle eventuali compensazioni. Quanto poi all’edeguamento dei Prezzari (che resta una facoltà e non un obbligo) alle nuove condizioni di mercato, si rischia di non giungere in tempo perchè le prossime gare di appalto siano bandite con prezzi congrui.
Le indicazioni sono che ci si attivi da subito alla definizione dei prezzari regionali utilizzati dalle stazioni appaltanti come base per l’aggiornamento dei progetti già realizzati e di quelli da realizzare per evitare di partecipare a gare di appalto con prezzi non in linea con i reali valori di mercato, con la conseguente possibilità che i lavori non saranno realizzati nel rispetto delle obbligazioni contrattuali assunte.
Se tutto filasse per il verso giusto, con il meccanismo sopra declinato, potremmo trovarci con prezzari adeguati non prima dell’autunno 2022, e solo a quel punto i nuovi prezzari potrebbero essere utilizzati dai progettisti per la progettazioni che da quel momento verrebbero elaborate. Troppo tardi. Significherebbe che per il biennio 2021/2022 verebbero bandite solo gare con progetti non adeguatamente valutati sotto un profilo economico a fronte di uno tsunami che tutti riconoscono in pieno svolgimento.
Potrebbe esserci anche la possibilità di una rivisitazione delle opere rientranti nel Pnrr proprio a causa del rilevante aumento dei costi. Il mancato o il solo formale aggiornamento dei prezzari inciderà sulla esecuzione dei lavori creando rallentamenti nello svolgimento degli stessi causando un maggior costo delle opere che si rendesse necessario per la ripresa ed ultimazione dei lavori.
Il mancato aggiornamento dei prezzari non è solo un problema della gara, che coinvolge le imprese più serie costrette a non partecipare, ma è un problema dell’intera collettività che vede realizzate opere con un notevole ritardo e con una inaccettabile lievitazione dei costi in termini anche di danno da disservizio.
E’ auspicabile a questo punto, che venga adottato un provvedimento automatico, nell’attesa della norma a regime, che sin da subito fornisse una soluzione al problema, così com’è previsto in tutta Europa.
L’ANCE ha sempre formulato proposte che andavano in questa direzione; soluzioni aperte a possibili determinazioni, anche in dimunuzione, una volta che i prezzi calassero rientrando nella normalità. E allora perchè continuare a gravare le imprese italiane di questo “svantaggio di Stato“, che le porrà costantemente un passo indietro rispetto agli altri competitor europei? In assenza di prezzi congrui per eseguire i lavori, le opere de Pnrr non rispetteranno il crono programma condiviso con l’Europa.
In conclusione, Prezzari di partenza congrui e adeguamento del prezzo di appalto in presenza di situazioni eccezionali, non costituiscono alcun regalo alle imprese perchè quando non potremo rispettare i termini di ingaggio pattuiti con l’Europa sarà il Paese, e tutti i contribuenti, a pagare dazio.