Molti di loro avrebbero davvero tanto da raccontare e la loro presenza, ogni giorno, ci permette di lavorare, di avere il pane sulle nostre tavole e di ricevere i nostri pacchi dal resto del mondo. Sono per noi dei semplici ornamenti e nonostante li utilizziamo tutti i giorni incessantemente, non rivolgiamo loro neppure un pensiero. Neppure una critica sulle loro condizioni. Il nulla, nonostante siano così importanti. Sono i giganti senza gloria, ovvero i ponti che ci collegano agli altri paesi, ai posti di lavoro, al resto del mondo. Strade che percorriamo ogni giorno, in maniera meccanica.
Basterebbe però fermarsi a guardare questi grandi giganti da un’altra prospettiva per sentire la paura crescere. Guardare i ponti dalle strade sottostanti e rendersi conto delle oscillazioni, dei ferri ormai non più coperti, dei ferri addirittura che pendono dai ponti senza che nessuno se ne curi. Eppure svolgono egregiamente da anni il loro lavoro tutti i giorni, ma niente desta la nostra attenzione.
Il 24 agosto del 2018 il nostro respiro si è fermato per degli attimi che sono sembrati eternità. Il ponte Morandi di Genova è caduto inghiottendo 43 vite. Una tragedia, questo di sicuro, per via del prezzo che tutti abbiamo pagato. Ma adesso la domanda nasce spontanea; cosa aspettiamo a mettere in sicurezza questi ponti che sono visibilmente ridotti male dall’usura e dal tempo? Perché abbiamo la cattiva abitudine di intervenire troppo tardi?
Di sicuro, nei giorni successivi al 24 agosto, tutti ci siamo soffermati un po’ di più a guardare i ponti sui quali transitiamo ogni giorno. Tutti abbiamo pensato alle povere vittime e tutti abbiamo avuto un pensiero per questi giganti senza gloria. Ma abbiamo la memoria corta e adesso sembra essere passata un’eternità dal quel giorno. Guardando quei ponti e le loro condizioni nasce spontaneo pensare che non diamo la giusta importanza alla vita delle persone perché quei ponti non sono delle mensole decorative. Sono arterie che ci facilitano la vita, che ci permettono di lavorare, mangiare, viaggiare, che ci portano alla montagna, perché di sicuro la montagna non verrebbe da noi. Non siamo Maometto.
Cosa ci spinge a non prevenire, per poi voler curare il morto. Questo è il triste riassunto di quanto sta accadendo a moltissimi ponti della Basilicata che ormai vanta poli industriali, ma che pecca nelle infrastrutture. Ogni volta che percorriamo questi viadotti fatiscenti dovremmo porci la domanda; reggerà? Ci sono davvero delle situazioni limite dove non dovrebbe occorrere neppure la segnalazione dei cittadini, ma si dovrebbe provvedere a pianificare la manutenzione ordinaria di questi giganti, con la giusta costanza. Perché ad oggi il numero dei ponti crollati per la mancata manutenzione è cresciuto.
Inoltre in Basilicata non si parla di piccoli ponti, basti pensare al ponte Scioscia con i suoi quattrocento metri di lunghezza, per non parlare delle altezze vertiginose. Ma anche la Basilicata ha il suo Morandi. Riccardo Morandi, ha costruito con la tecnica a stralli il viadotto «Carpineto I» sul raccordo autostradale Potenza-Sicignano tra il 1971 e il 1974. Un rettilineo di 241,8 metri, con due corsie parallele, separate ed indipendenti, ciascuna di 9 metri e mezzo di larghezza.
“…costruiremo un ponte di pilu, con otto corsie di pilu e una corsia di peluche per gli amici! Evviva il pilu ad alta velocità!” Cetto La Qualunque, Antonio Albanese
Accade il fatto, diventa psicosi e poi si passa alla notizia successiva. Questo è quello che sembra accadere. Inoltre non possiamo peccare sui ponti proprio ora che abbiamo in Basilicata Il Ponte alla Luna, il ponte tibetano a passerella d’assi, a campata libera, più alto e lungo del Mondo. Sarebbe una cattiva pubblicità creare attrattive per i turisti e poi bloccarli per un ponte caduto. Bloccarli, naturalmente, nella migliore delle ipotesi. Nel 2019 l’Anas ha stanziato 20 milioni di euro per riparare i viadotti lucani. Ma al momento sono pochissimi i cantieri realmente aperti.
Ma loro restano lì, in silenzio, a guardarci passare e a salutarci ogni giorno. E ogni giorno cercano di tenere duro e svolgere il proprio lavoro. Il calcestruzzo e il ferro cercano di mantenere salda la propria unione, nell’attesa che qualcuno si ricordi di loro. Questa è la triste storia dei giganti senza gloria.