“La fortuna di nascere donna”: servono altri 108 anni per raggiungere la parità di genere

“La fortuna di nascere donna” è l’ultimo libro dell’avvocato potentino Margherita Galotta, nonché Presidente dell’Associazione Giuristi italiani e dell’Associazione Donne Giuriste è da sempre impegnata sui temi della violenza di genere. Con questo libro affronta la violenza psicologica sulle donne, una problematica non ancora compresa che ci fornisce l’occasione per ragionare sullo stato attuale della parità di genere.

Le disparità di genere sono una forma persistente di disuguaglianza in ogni paese. Nonostante i notevoli progressi in alcune aree, nessun paese al mondo – ricco o povero – ha raggiunto l’uguaglianza di genere. Troppo spesso le donne e le ragazze sono discriminate in termini di salute, istruzione, casa e mercato del lavoro, con ripercussioni negative per le loro libertà.

Un’indagine delle Nazioni Unite riportata dal quotidiano inglese rivela dati eclatanti: in media il 90 per cento della popolazione (il 91% degli uomini e l’86% delle donne) nutre ancora almeno un pregiudizio nei confronti delle donne in tema di diritti politici, economici, riproduttivi, legati all’istruzione o alle violenze di genere.

Infatti, il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) ha pubblicato il Gender Social Norms Index (GSNI) che misura il modo in cui le credenze sociali ostacolano la parità di genere in settori come la politica, il lavoro e l’istruzione e contiene dati provenienti da 75 paesi, che coprono oltre l’80% della popolazione mondiale. Secondo questo indicatore, ci vorranno 108 anni per il raggiungimento della parità. Infatti, dal 1995, la parità di genere non solo avrebbe subito una battuta d’arresto ma, ci sarebbe stato anche un arretramento non a caso, si sono moltiplicati i movimenti sociali in tutto il mondo dedicati all’uguaglianza di genere e all’emancipazione femminile: #MeToo dà voce alle vittime di abusi, in India #IWillGoOut chiede pari diritti per le donne negli spazi pubblici, in America Latina #NiUnaMenos fa luce sui femminicidi e sulla violenza contro le donne. Oltre alle numerose campagne per il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, per l’equal pay e l’abolizione dell’imposta sugli assorbenti.

Nei 50 Paesi in cui le donne adulte hanno un livello d’istruzione superiore rispetto agli uomini, ricevono in media il 39% in meno dei guadagni, pur dedicando più tempo al lavoro. Nessun Paese è mai riuscito a migliorare lo sviluppo umano senza ridurre le disuguaglianze. Quando si parla di maggiori responsabilità, leadership politica e profitti, ancora oggi le donne si scontrano con un vero e proprio muro. In politica uomini e donne votano con gli stessi diritti ma, nonostante ci sia parità alla base della partecipazione politica, nel momento in cui si parla di potere politico, le donne appaiono gravemente sottorappresentate. Maggiore è il potere e la responsabilità, maggiore è il divario di genere. Per i capi di Stato è quasi del 90% in favore degli uomini. Nel 2019 le donne hanno occupato solo il 24% dei seggi parlamentari e solo il 5% dei capi di governo erano donne. A livello economico, le donne rappresentano solo il 21% dei datori di lavoro e il 12% degli imprenditori.

Anche in ambito educativo emergono grosse differenze. Nonostante le donne di oggi siano le più qualificate nella storia e le nuove generazioni abbiano raggiunto la parità numerica nell’iscrizione all’istruzione primaria, questo potrebbe non essere sufficiente per raggiungere la parità in età adulta. Persistono grandi divari nelle scelte professionali, con la percentuale di laureate in materie scientifiche, tecnologiche e matematiche inferiore al 15% nella maggior parte dei Paesi. Le donne, sottolinea il Rapporto, affrontano aspettative sociali che le vedono casalinghe e badanti, mentre ci si aspetta che gli uomini siano i capifamiglia. Queste norme sociali, così radicate, escludono le donne dal processo decisionale familiare e comunitario, limitandone le opportunità, con il risultato che in molti Paesi donne e ragazze non possono esprimere il loro pieno potenziale.

La nota attivista Angela Davis nel suo discorso alla Women’s march on Washington del 21 gennaio 2017 affermava: «in un momento difficile e decisivo della nostra storia permettiamoci di ricordare a noi stessi che noi, le centinaia di migliaia, i milioni di donne, persone transgender, uomini e giovani che siamo qui alla Women’s March, noi rappresentiamo la più grande forza di cambiamento che non permetterà alla cultura morente del razzismo, dell’etero-patriarcato di sollevarsi ancora. Questa è una marcia delle donne e questa marcia delle donne rappresenta la promessa del femminismo contro i poteri perniciosi della violenza di stato. Ed è un femminismo inclusivo e intersezionale che ci coinvolge tutti nella lotta di resistenza al razzismo, all’islamofobia, all’anti-semitismo, alla misoginia, allo sfruttamento del capitalismo. Quelli che credono nella libertà non potranno riposare finché non l’avranno ottenuta».

 

Poiché il genere rimane una delle basi più antiche della discriminazione, le politiche che affrontano le norme discriminatorie radicate e gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose di genere sono fondamentali per la piena realizzazione dei diritti umani delle donne.

Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società e l’umanità intera.