«Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero».
Cogliere il giorno, confidando il meno possibile nel domani, trasportare immediatamente sulla tela ciò che l’istinto, ti suggerisce in quel preciso istante, perché domani non avrebbe più lo stesso significato. Questa è la chiave di lettura per comprendere il guizzo artistico di Michele Barbaro, pittore potentino che durante il suo percorso ha affrontato i più importanti stili artistici moderni, spaziando tra tecniche antiche ma anche recenti e adoperando una molteplicità di materiali e attrezzi diversi.
Il tuo rapporto con l’arte com’è cambiato nel tempo. Cosa significa fare arte oggi e cosa significava agli inizi?
Agli inizi vedevo l’arte solo come una riproduzione, perché i primi tempi ti manca qualcosa: ti manca la tecnica, ti manca la visione, il modo di vedere le cose che è diverso da come le vedo ora. Oggi ho ispirazioni diverse: ho abbandonato i soggetti urbani, ne sto facendo uno per una persona che me lo vuole piazzare, ma sto lasciando questo percorso metropolitano che avevo intrapreso da più di dieci anni, adesso mi piace ritrarre strutture abbandonate, distrutte … Sento il bisogno di trovarmi da solo in questi luoghi dimenticati. In un luogo urbano c’è gente, caos, mentre in quelli che voglio rappresentare oggi, sono vuoti, perché nel silenzio c’è tanto. Le strutture abbandonate raccontano tante cose, ti spingono a porti diverse domande – è una forma di denuncia? Probabilmente sì, anche se il mio intento primario non è questo, ma provare a capire, raccontare la storia di questi angoli dimenticati. Potenza ne è piena, faccio le foto e poi realizzo i quadri secondo la mia interpretazione. I posti li riconosco subito, mentre cammino all’improvviso resto affascinato da una struttura, da un edificio.
Cos’è rimasto, cos’hai perduto e cos’hai guadagnato durante il tuo percorso?
Degli inizi mi è rimasta l’energia, la voglia di andare sempre avanti, di imparare nuove tecniche, perché ciò mi rende più preciso più consapevole nell’uso dei materiali, nel rappresentare le cose, infatti, nei miei quadri c’è sempre un elemento figurativo, perché mi piace prendere dalla realtà e portarlo sulla tela. L’essere passato dal caos della metropoli al silenzio è l’evoluzione del mio percorso da artista, quindi per tornare alla tua domanda, ho perso il contatto con la gente, ma ci ho guadagnato più istinto, più ricerca.
C’è un’immagine nella tua memoria che ricollega al momento in cui hai capito che volevi fare questo?
È stato vedendo i grattacieli, qualcosa mi spingeva a rappresentarli. Agli inizi facevo solo illustrazioni, disegni, fumetti, ma è guardando i grattacieli che ho sentito l’urgenza di esprimermi. Essere nato e vivere in una città come Potenza non stimolava il mio interesse artistico, da sempre sono stato affascinato dalle metropoli, dal grande, dall’immenso.
Se dovessi raccontare il tuo percorso da artista attraverso tre tue opere. Quali sarebbero?
Come prima opera sicuramente un’illustrazione, poi un soggetto metropolitano e terzo, il premio che ho vinto al Mediterranean Contemporary Art Prize 2019. Il quadro classificatosi al secondo posto per la categoria Disegno, rappresenta una miniera di carbone abbandonata in Ungheria, ha avviato definitivamente questa fase della mia produzione artistica.
Quali artisti ti hanno formato maggiormente?
Gli autori mi hanno ispirato non tanto per le loro opere ma per il loro modo di fare, per quello che esprimevano. Per esempio il silenzio che Hopper riusciva a esprimere nei suoi quadri, anche se c’erano le persone di Van Gogh quello che mi è sempre piaciuto è stato proprio il suo modo di buttarsi sulla tela, il suo impeto. È proprio questo che secondo me dovrebbe cercare ogni artista, infatti, mi piace molto sperimentare nuovi materiali: gli acrilici li uso con i gel per i capelli!
Quanto hanno influito gli incontri/confronti con gli altri colleghi nella tua produzione?
Tra colleghi non sempre si parla apertamente e, soprattutto siamo molto diversi tra di noi. Per carattere se ricevo una critica, la prendo come una sfida ma al tempo stesso credo che le scelte di ogni artista siano il risultato di un gusto, di un’idea individuale, non c’è un giusto o un sbagliato, l’arte è molto soggettiva. Ma c’è stato qualcuno o qualcosa che ti ha stimolato a fare queste sperimentazioni di materiali, tecniche, oppure nasce da una tua curiosità che ti spinge sempre oltre? A essere sincero no, mi piacerebbe usare tutto ciò che è nuovo, l’arte è curiosità, certo il confronto con altri artisti è sempre interessante perché vedi come dipingono, cosa dipingono, come la pensano.
Qual è lo stato di salute dell’arte in Basilicata, e cosa pensi del rapporto tra artisti, galleristi e istituzioni?
È un rapporto complicato e difficile, perché molto dipende dai galleristi, dalle zone e dalle persone. Potenza si deve ancora aprire molto sull’arte, su quello che ha nel territorio. Ci deve essere un sostegno nel ricercare i talenti facendo attenzione a chi merita di emergere, perché spesso e volentieri capita di puntare su persone che non valgono per capacità, sensibilità e tecnica. Ed è grave perché penso che la capacità di disegnare sia l’anima di ogni opera artistica. Più sei bravo tecnicamente più hai consapevolezza dei materiali e più puoi esprimerti istintivamente.
A proposito d’istinto, ti è mai capitato a quadro ultimato di voler cambiare qualcosa?
Tu non sai quanti quadri finiti, ho coperto perché non mi piacevano! Ci sta. Ci sono alcuni miei vecchi lavori che quando li guardo non mi piacciono più e altri invece che li reputo validi dove rivedo il divertimento e l’entusiasmo durante la realizzazione.
Si compra l’opera o piuttosto l’artista?
Va via un pezzo dell’artista. Ti vendo una parte del mio tempo, dell’istinto, un qualcosa che un altro artista non ti può dare proprio perché siamo tutti diversi. Si dice che ci sia un prezzo per ogni cosa, ma non sempre il valore economico corrisponde a quello dell’opera, al tempo che ci hai dedicato.
Da come ti esprimi il tempo e la velocità sono fattori importanti. Fai una corsa contro il tempo oppure ti prendi il tempo necessario?
È più una corsa contro il tempo, perché spesso se ci impiego troppo tempo, non riesco a esprimere quello che mi viene in quell’attimo. Ritorna sempre il discorso dell’istinto, lavoro un po’ sul filo del rasoio!
Progetti futuri?
Cercare di avere un mio studio, e poi riuscire a portare avanti il mio discorso artistico facendomi conoscere il più possibile.