“ Nel cibo e nell’atto del mangiare si riflettono, con più immediatezza che altrove, i mutamenti che avvengono nei valori e negli stili di vita“.
( Fabris 2005 ).
Ed è proprio così: cos’è l’alimentazione se non lo specchio della società in cui viviamo? il cibo infatti è sempre stato considerato, oltre che un bisogno biologico, una “risposta sociale”. E come è cambiato negli anni il nostro modo di alimentarci, il nostro modo di dare questa risposta sociale?
Se analizziamo la società degli anni’70/‘80, notiamo un aumento considerevole dei consumi in generale e un aumento “compulsivo” del consumo di cibo, grazie anche ai redditi più alti soprattutto con l’avvento della GDO (Grande distribuzione organizzata). Sono gli anni dell’alimentazione omologata, con diffusione di fast-food, cibi precotti e congelati, e l’Italia soprattutto si allontana dal concetto di “mediterraneo”a cui era legata, perdendo quella caratteristica che la differenziava dai paesi europei.
In contrapposizione a ciò, a fine anni 80 /inizi ‘90 nasce la corrente slow food, per tornare al buono, al mangiare con gusto; si torna al mangiare come atto culturale, con una generale tendenza al rifiutare l’omologazione industriale.
Questo ritorno al mangiare sano ebbe successo anche perché i fatti di cronaca di quel periodo (vino al metanolo, pollo alla diossina, la famosa encefalopatia bovina o “ mucca pazza”) mettevano in evidenza i rischi dell’alimentazione industriale, e la necessità di maggiori controlli a tutela dei consumatori. Da questo allarme ci fu il punto di svolta: dal periodo dell’abbondanza si passò ad una maggiore attenzione alla sicurezza e alla genuinità, con maggiore attenzione ai prodotti di origine controllata e protetta, con occhio attento ai prodotti biologici. Questo fenomeno si andò rafforzando negli anni 90, quando si sviluppano nuove tecnologie alimentari come la pastorizzazione, sterilizzazione ecc., che permettevano una vendita ed un consumo più sicuri.
Nascono in questi anni i primi prodotti OGM, gli alimenti precotti e preconfezionati, spesso monodose per adattarsi meglio alle necessità delle famiglie nucleari.
Negli anni 2000 c’ è una sostanziale caduta del reddito disponibile, con una contrazione dei consumi, e se da una parte la globalizzazione ha sicuramente influenzato le scelte alimentari, dall’altra c’è stato un balzo in avanti verso il benessere.
È aumentato il consumo di pane, pasta, cereali, legumi per sopperire ad un sempre minore consumo di carne.
A dispetto della quantità, c’è una ritrovata attenzione per la qualità del cibo, ossia alla conoscenza delle diverse fasi della filiera alimentare, dalla raccolta delle materie prime fino allo smaltimento dei rifiuti.
Il consumatore vuole essere informato dei valori nutritivi dei prodotti, della composizione dell’alimento ,ecc.
Si è passati dunque dal “MORE AND MORE” degli anni ‘80, al “MORE IS BETTER” degli anni ‘90 al “LESS IS BETTER” del nuovo millennio.
Per il futuro, auspichiamo un ritorno sempre più marcato alla semplicità, alla convivialità come valore culturale raggiunto, e alla possibilità da parte del consumatore di poter accedere all’offerta alimentare varia ma di qualità, con interventi sulla filiera innovativi ma senza manipolazioni esagerate, con qualche punta di “contaminazione” tra culture ma salvaguardando la tipicità dei sapori autentici.