“Lo stagno antico… una rana si tuffa – suono d’acqua”. L’architetto giapponese Gakutoshi Kojima ha scelto un haiku profondamente zen per descrivere il sentimento che ha provato, arrivando finalmente a Matera, 45 anni dopo il ‘Concorso internazionale per il recupero dei Rioni Sassi’ che lo aveva visto tra i protagonisti. Lo stesso sentimento aveva allora ispirato il suo progetto visionario. Un approccio innovativo al tema dell’allestimento dei centri storici in occasione di grandi eventi, i Sassi trasformati in grande spazio scenico temporaneo. Le sue strutture modulari e temporanee hanno ispirato significativamente le attività della Open Design School (ODS), progetto pilastro di Matera 2019.
“Vorrei recitare questi versi – ha commentato Kojima – nei tanti luoghi che offre la città”. Nel suo approccio si supera l’occidentale contrapposizione tra ambiente e fabbricato: “Ho visto la natura in mezzo ai Sassi, i fiorellini che spuntano nelle crepe della pavimentazione, i bambini, il cielo. E quindi come possiamo contribuire? Facendo qualcosa. Come la rana”.
Kojima è stato ospite principale del talk “My Matera” che ieri sera a Casa Cava ha concluso la tre giorni organizzata da Open Design School, in collaborazione con EU Japan Fest, per ripensare l’uso del centro storico di Matera, a partire da un dato evidente: l’abbandono dell’epoca, i 2500 abitanti e le 600 case di oggi, come ha ricordato Rossella Tarantino, responsabile sviluppo e relazioni della Fondazione Matera Basilicata 2019. Il 6 e 7 maggio, infatti, ha avuto luogo nei locali del complesso del Casale, un workshop di progettazione tenuto dallo stesso Kojima insieme alla Open Design School, con lo scopo di elaborare un concept per la realizzazione di un “teatro diffuso” nell’area compresa tra San Pietro Barisano e San Pietro Caveoso.
“Le grandi visioni – ha osservato Paolo Verri, direttore generale di Matera 2019 – anticipano i tempi. E così la lezione di Kojima è tornata buona per la nostra operatività. Il tema dell’impatto urbanistico minimo o nullo sulla città e sul territorio ha attraversato tutta la progettualità e il percorso di costruzione della capitale europea della cultura”.
“La città festival trasforma lo spazio urbano, che è definito non solo dai manufatti ma anche dai sistemi di relazione”. Rita Orlando, project manager di Ods, ha presentato i risultati del laboratorio: San Pietro Caveoso è un habitat straordinario per ospitare un’opera lirica. Ogni livello dei Sassi rappresenta una loggia di un grande teatro diffuso. E così nei Sassi sarà ospitata l’edizione della Cavalleria Rusticana, prodotta dalla Fondazione insieme al Teatro San Carlo di Napoli: un partenariato tra il più antico teatro e la più antica città d’Europa.
Nel suo intervento introduttivo Kojima ha sottolineato le profonde differenze tra le culture architettoniche dei due Paesi: in Giappone infatti in molti contesti si preferisce abbattere e ricostruire piuttosto che restaurare e conservare. Il tempio di Ise viene ricostruito ogni 20 anni e a opera finita si provvede a tirare giù il manufatto degradato. In Italia la cultura della pietra fa sì che tutto resti immutato nei secoli. I Sassi oggi sono sostanzialmente uguali alle foto che usò 45 anni fa per elaborare il suo progetto.
Per Pantaleone De Finis, presidente dell’Ordine degli Architetti della provincia di Matera, il concorso di progettazione è la soluzione migliore, rispetto alla gara o alla procedura negoziata.
Un’appassionata ricostruzione del dibattito che mise capo al concorso e poi alla legge del 1986 per il recupero del centro storico è stata offerta dall’architetto Lorenzo Rota, a cui fu affidato il coordinamento dell’ufficio Sassi del Comune e che con il suo gruppo di progettisti arrivò secondo (il primo premio non fu assegnato) al concorso internazionale sui Sassi. Gli ha fatto da controcanto Saverio Acito, il sindaco che gestì la legge dalla sua entrata in vigore alla realizzazione dei principali interventi. “Noi come politica abbiamo lavorato bene e abbiamo fatto il nostro dovere. Salvo essere puniti: di ritorno da Cartagena, dove l’Unesco riconobbe la qualità del nostro restauro conservativo, il Consiglio comunale fu sciolto. E gli elettori hanno punito anche Adduce, sconfitto pochi mesi dopo la proclamazione della capitale europea”.
Lo stesso Adduce, presidente della Fondazione, ha rivendicato con orgoglio il “rigoroso rispetto per ciò che la città ci ha trasferito nei secoli e nei decenni passati. La questione degli spazi, sollevata da Kojima non è secondaria. E alla tutela dell’ambiente abbiamo dedicato un progetto, Gardentopia, che riguarda decine di comuni lucani. Il sistema di relazioni è fondamentale per definire lo spazio urbano ma se non si decide che fare di questi spazi si resta ostaggi della retorica del vicinato”.