Apparentemente sfrontato come solo chi ha vent’anni può permettersi d’essere, Sebastiano Longo ha conquistato repentinamente, a passi di danza “Take the L” la sua nuova città, quella che lo stesso numero 29 rossoblù non esita a definire come la sua nuova «Casa, sì. Questa è la sensazione che ho avvertito – confessa Sebastiano – sin da quando sono arrivato al Viviani in un nevoso e freddo pomeriggio di gennaio: dalla calda e premurosa accoglienza ricevuta da parte dello staff e della società ho capito subito che questo posto mi avrebbe regalato forti emozioni, mi avrebbe trattato come un suo ‘figlio’. D’altronde – continua Longo – qui sapevo già di ritrovare non solo alcuni miei ‘padri’, come mister Raffaele e mister Trimarchi, ma, anche e soprattutto, un ‘fratello maggiore’ come Facundo (Lescano)».
Barcellona = Potenza. Per Longo pare davvero non esistere alcuna differenza, nessuna precoce ‘saudade’. Tutt’altro. 4 i goal dal suo arrivo: il primo, decisivo, all’esordio assoluto tra le fila del Potenza, entrando a gara in corso contro il Monopoli; rete – ‘vendetta’ da ex – contro la Paganese, a lanciare la rimonta suggellata, poi, proprio da quel ‘fratello maggiore’ Lescano; i primi due goal, infine, al Viviani, nell’ultima gara casalinga contro la Cavese.
«Gli ultimi due – sorride il numero 29 – sono stati sicuramente i goal che più degli altri mi hanno emozionato. Fin quando non accade, stenti a credere che segnare sotto la Ovest sia un qualcosa di esaltante, di diverso. Molti, infatti, al mio arrivo mi dicevano quanto fosse straordinario segnare lì, e infatti solo quando hai la fortuna – come l’ho avuta io – di realizzare un goal proprio in quello spazio “magico”, comprendi quanto quei ‘molti’ avessero avuto ragione: un’onda di emozioni, reale, palpabile, ti investe; la gioia dei tifosi che si assiepano sulle ringhiere per esultare con te ti lascia senza fiato, incredulo».
Tornando al “sentirsi a casa”, pare davvero comoda e familiare la fascia – preferisce la sinistra! – che, ogni settimana, Sebastiano occupa con disincanto e leggerezza, con numeri e giocate che si ispirano molto a «Eden Hazard, senza dubbio: è il mio giocatore di riferimento per la grazia felpata con cui sembra quasi fluttuare con il pallone, per l’intelligenza tattica – sa sempre in che modo e tempo fare la giocata giusta – che mette a servizio dei compagni. Soprattutto mi colpisce per la sua, possiamo dire, umiltà: non ama la ribalta, non è un giocatore ‘social’. È un professionista serio, l’unica immagine che si preoccupa di offrire di sé è quella di lui con il pallone ai piedi, durante la partita. Al resto non pensa e non ha interesse di pensarci. È un modello per me, anche e soprattutto per questo, perché – continua Longo – per chi come me ha poco più di vent’anni è semplice farsi prendere da facili entusiasmi per una sola e singola prestazione: occorre invece tenere i piedi sempre ben piantati a terra»
Tecnica da 10, corsa da velocista, spensieratezza da ventenne e ‘testa’ già da grande: «Eppure – domando provocatoriamente a Sebastiano – la sua esultanza, il ‘Take the L’ arcinoto di Fortnight è un segno di derisione per il nemico sconfitto- nel videogioco almeno -, un marchio di Loser all’avversario sconfitto..»
«È vero – replica ammiccando Longo -, nel videogioco vuol dire esattamente questo. Ma preciso subito: io non mi permetterei mai di deridere l’avversario in questo modo, non è nelle mie corde. Il mio, personalissimo, ‘Take the L’ vuole solo dire: “Eccomi, Ecco Longo”».
Al Viviani di Potenza si balla sulle note di ‘Take the L’, sui ‘colpi’ di Sebastiano Longo.