“Il Viviani sa regalarti emozioni uniche: quando entro in campo e vedo in tribuna il volto dei bambini felici insieme ai propri genitori, sento di far parte di un’unica grande famiglia, quella rossoblù”
L’instancabile ‘martello’ del centrocampo potentino, Marco Piccinni, arrivato in estate per rinforzare la mediana rossoblù, appare ormai pienamente ‘del posto’, esibendo un senso di appartenenza con la città che è frutto di “un’accoglienza e calore unici – confessa il numero 8 – che raramente ho ricevuto nelle città in cui ho giocato. La gente qui a Potenza sa esserti vicina e prossima gratuitamente, senza alcun secondo fine”.
Per chi ha avuto il privilegio di conoscere Marco anche fuori dal manto di gioco, sarà stato facile notare che anche nella vita è tenace e instancabile. “Era già così il Marco di 18 anni, quando esordì con il suo Bari in coppa Italia nella stagione 2005-2006?”.
“Sicuramente instancabile e molto, molto – ride di gusto Piccinni – sconsiderato. Ricordo quei 10 minuti in cui fui buttato in campo. Giocavamo in Coppa Italia contro il Palermo dei futuri campioni del mondo Barone e Grosso e non persi tempo per farmi ‘odiare’ proprio da Barone: nella smania di dimostrare il mio valore al mister, ricordo di averlo messo giù una decina di volte, quasi una volta al minuto! Ma a parte l’esordio in sé e per sé, il Marco di 18 anni non era molto diverso dal 31enne di oggi: testa sulle spalle e umiltà. Questa attitudine l’ho coltivata in famiglia, grazie a mia madre e a mio padre, a cui devo tutto”.
“È forse proprio questa sua ‘testa sulle spalle’ – chiedo a Marco – che l’ha portata a decidere di proseguire gli studi dopo il liceo, iscrivendosi alla facoltà di ingegneria, nonostante che il calcio le togliesse molto tempo?”.
“Diciamo che la mia è stata una decisione dettata dal senso del dovere. Provo a spiegarmi: sentivo che insieme a quella del calcio, ardeva dentro di me anche la passione per lo studio. Quando senti che una passione ti anima così tanto e che, per essa, vale la pena ‘spendersi’, allora hai il dovere, appunto, di perseguirla e coltivarla. Anche in questo caso, l’esempio più alto l’ho avuto a casa, vedendo come mio padre lavorasse duramente e caparbiamente tutti i giorni per la propria famiglia. Avere testimoni autentici e coerenti di certi valori ti aiuta a considerarli credibili, e così li assumi anche tu. Per capirci: mentre i miei amici calciatori andavano in vacanza al mare, io restavo l’estate a casa a studiare per sostenere gli esami..e non c’era gioia più bella per me”.
“La costanza e la caparbietà sono qualità che esprime anche in campo, con i suoi continui inserimenti in area, l’incessante pressing sugli avversari. Ce lo può confessare, – provo a stuzzicare Piccinni – ha scoperto una qualche segreta formula magica che la rende così performante!”.
“Si, si – ride di gusto -, una formula segreta c’è e l’ho scoperta nel tempo, anzi, meglio dire che l’ho riscoperta: la fede. Nella mia carriera ho conosciuto diversi fallimenti sportivi, momenti bui vissuti all’ombra di infortuni cronici che, a un certo punto, mi hanno fatto pensare anche di smettere, di abbandonare il calcio. È stato grazie alla testimonianza di due miei compagni di squadra ad Andria che ho approfondito il discorso sulla mia fede: all’inizio, forse, ho cominciato solo per quell’irrefrenabile curiosità che avevo di capire come fosse possibile che, con tutti i problemi societari in cui versavamo, quei miei compagni riuscissero ad avere sempre il sorriso stampato in faccia, mostrando una grande serenità d’animo tanto contagiosa per tutto lo spogliatoio. Poi, dopo, è iniziato un mio vero e proprio percorso personale e ho avuto una marcia in più, sì, una vera e propria formula magica – sorride Marco”.
Arrivati ai saluti, fino all’ultimo respiro, chiedo a Marco cosa augura a se stesso e al ‘suo’ Potenza quest’anno:“Mi auguro che continuiamo a essere la grande famiglia che già siamo, uniti, partecipi, l’uno per l’altro. Spero di vedere sempre di più i bambini con le proprie famiglie allo stadio, perché sono loro l’impalcatura, quei pilastri portanti che ci sostengono in campo aiutandoci ad afferrare la vittoria”.
Parole d’ingegno, parole di Marco Piccinni: l’ingegnere della centrocampo rossoblù.