“Per me è impensabile che un calciatore non si diverta quando gioca o si allena: devi sempre ricordarti di quel bambino che calciava il pallone sotto casa con la porta come garage, immaginando il tombino per strada come il dischetto del rigore. Se ti diverti, e lo fai seriamente, allora giocherai anche bene”.
Barcellona (Pozzo di Gotto) ha sicuramente influenzato Giuseppe Raffaele, città in cui ha maturato la propria visione estetica del calcio, bello e divertente. Puro divertimento, sì, “Purché sia ‘disciplinato’ – continua Raffaele – : pensare che il bel gioco arrivi grazie a un algoritmo matematico o a una fantomatica formula magica è per me utopia. Il calcio, quello definito ‘bello’, nasce prima ancora di scendere in campo. Nasce dalla serietà di un gruppo che mette da parte ogni arrivismo personale, mettendosi a disposizione del compagno al proprio fianco; nasce dalla serietà che metti in ogni tuo gesto, dal momento in cui prepari gli scarpini negli spogliatoi, fino a quando raccogli i palloni dopo un duro allenamento. È la forza morale di un gruppo che lo rende, poi, anche forte e ‘bello’ da vedere la domenica in campo”.
Percorrendo la via Pretoria del centro storico di Potenza, è realmente difficile camminare al fianco del mister, la gente lo ferma di continuo: tutti hanno ormai a cuore mister Raffaele che, da tutti ormai, è considerato come ‘uno del posto’.
“Tutti avrebbero firmato anche per un pareggio – incalzo, liberando il mister dalla dolce morsa dei festosi passanti -, lei invece non solo ha sorriso quando le è stata posta questa domanda in conferenza, ma, scendendo in campo, ha schierato addirittura 4 attaccanti nell’undici titolare”.
“Il calcio è vita, nel senso proprio che è vivo, devi saperlo ascoltare, perché, sì, ti parla. Non vivo di dogmi, tantomeno di quelli di tipo tattico. I giocatori che ho a disposizione devono vestire l’abito che meglio sentono di indossare e io, nel mio piccolo, devo essere solo – sorride per il chiaro eufemismo – un buon ‘sarto’”.
Dribblando l’allegro sciame di tifosi che, passo dopo passo, incontriamo per strada, chiedo al mister se dietro le fortune di un buon ‘sarto’ ci sia il lavoro di una perfetta bottega di ‘artigiani’. “Dietro un grand’uomo c’è sempre..uno altrettanto grande – ride di gusto Raffaele -, ed è mister Trimarchi. È con me sin dai tempi del Due Torri, quando esordì in panchina nel 2006. Mi piace l’idea di essere artigiani, dei professionisti seri del ‘mestiere’ – come si dice in gergo- : qui a Potenza io e Ciccio (così Raffaele chiama Trimarchi) abbiamo trovato uno staff eccezionale, tanto tecnico quanto organizzativo in generale. Una macchina perfetta che ci ha fatto entrare in sintonia con tutto l’ambiente fin dal primo allenamento, come se lavorassimo qui a Potenza già da mesi”.
“E questo l’ha sorpresa?- interrompo per un attimo Raffaele – O aveva immaginato già questo scenario quando è stato raggiunto dalla chiamata del presidente Caiata?”
“In realtà no, proprio no – risponde Raffaele -, anzi nel colloquio con il presidente Caiata ho subito avvertito quanto l’entusiasmo del patron si coniugasse con la serietà e chiarezza d’intenti. Quindi non avevo alcun dubbio che la piazza, la società e tutti i suoi preziosissimi collaboratori fossero come il presidente: innamorati e, proprio per questo, seri e competenti per la ‘causa Potenza’”.
“Dopo tre mesi a Potenza ha ormai conosciuto l’amore che i tifosi rossoblù emanano per la sua squadra ogni partita, che sia in casa o in trasferta. Quale augurio, in vista del nuovo anno, si sente di fare a se stesso, alla squadra e, appunti, ai tifosi?”
“Auguro a tutti noi di continuare su questa strada, fatta di sacrificio e lavoro, perché – come tutti possono ben vedere -, alla fine tale lavoro paga. Contro il Catanzaro abbiamo l’occasione di mettere la ciliegina sulla torta a questa prima e positiva parte di stagione, arrivando a quota 28. Più punti faremo per centrare subito l’obiettivo societario della salvezza, e prima potremo guardare avanti, puntando in alto e, perché no, sognare di toglierci soddisfazioni ancora più importanti. Auguro dunque questo a tutti noi, di lavorare con serietà a testa bassa, sì, ma con lo sguardo sempre rivolto verso l’alto, perché è solo sognando di fare le ‘cose in grande’ che, alla fine, si raggiungono quei risultati il più delle volte definiti ‘impossibili’”.
Barcellona – Potenza, passando per Agrigento e Messina: Giuseppe Raffaele sembra non volersi fermare nel suo viaggio, fatto di disciplina e ‘bel calcio’.