Tricarico. Si respira un’aria strana in questi giorni, un’ aria malinconica. Da martedì 30 gennaio la Basilicata piange la scomparsa di un grande uomo, di un grande artista, poeta, musicista, filosofo, compositore : Antonio Infantino.
Sono quelle cose che non ti aspetti, quelle notizie a cui fai fatica a credere. Una mente eccelsa, rivoluzionaria…un numero irrazionale.
“Antonio Infantino è come le nuvole, non quelle nere del cattivo tempo ma quelle che si muovono, quelle che camminano continuamente. Non sai mai quando viene, non sai mai quando va , non sai mai da dove viene e dove va.”
Come spesso accade in queste situazioni, la tristezza si interseca con il ricordo e così, stampa e social si inondano di lui. Frasi, foto, citazioni, aneddoti, chiunque ha sfiorato la sua vita e ha avuto modo di conoscerlo o anche solo di parlare con lui, di incrociare il suo essere, ha voluto ricordarlo e ringraziarlo.
Ha lasciato un vuoto immenso nel mondo musicale e non, ma il magone più grande, l’ ha lasciato nei tricaricesi. Nei figli della sua terra, di quella terra che lui tanto amava e alla quale era tanto legato. Sono proprio loro, che oggi più di tutti, provano un senso di smarrimento. Dopotutto, se Tricarico è diventata la “culla della musica” è grazie a lui. La maggior parte di questi musicisti ( e Tricarico ne conta tanti ), sono stati partoriti dalla “scuola Infantiniana”.
Ormai orfani del loro mentore, con il cuore pieno di commozione, i “suoi ragazzi”, in questo triste venerdì di febbraio, sono lì, davanti alla chiesa di Sant’ Antonio ad aspettare il feretro, pronti a salutare per l’ultima volta il loro Maestro.
È un’immagine forte, bella, un’immagine che ti emoziona, che fa venire la pelle d’oca. Sono tutti lì riuniti i suoi musicisti e non sono soli; in prima fila davanti a loro, i cupa cupa. Appena uscita la bara, ecco quel suono. I cupa cupa cominciano a suonare all’unisono. Quel suono della terra, tribale, selvaggio, trema forte, deciso come non mai; come se volesse riportare a sé l’anima di questo grande artista. L’hanno salutato così, per l’ultima volta, insieme come su un grande palco: Infantino al centro e dietro, a semicerchio a suonare per lui, i figli della sua arte.
“Sono nato dalla terra e dal cielo stellato. Stella tra le stelle vengo tra voi. Datemi da bere l’acqua che scorre fluida dal lago di memoria. E quando avrò bevuto, puro tra i puri, percorrerò le strade già percorse dagli altri eroi e mistici. Niente si c
rea, niente si distrugge ma tutto si combina e vola e va.
Uno è tutto, tutto è uno.”