Sono tornati a riunirsi, a Roma, il 3 dicembre, i Comitati territoriali convocati nell’Assemblea del Coordinamento Nazionale di Democrazia Costituzionale, sintesi del Comitato per il NO e del Comitato contro l’Italikum, non solo per celebrare la vittoria del Comitato per il NO del 4 dicembre 2016, quanto per fare il punto sulla situazione istituzionale e politica e, di conseguenza, sulle iniziative che dovranno essere attivate. Presenti Massimo Villone e Alfiero Grandi, presidente e vice presidente del Coordinamento; sono intervenuti, fra gli altri, Gaetano Azzariti costituzionalista), Salvatore Monni e Stefano Fassina (economisti), Domenico Gallo, Franco Russo, Alfonso Gianni, Bia Sarasini, Giovanni Russo Spena (Cdc), Mauro Beschi.
Continuano, dunque le iniziative. Il 2 dicembre il Coordinamento ha aderito alle manifestazioni promosse dalla CGIL contro le scelte politiche sbagliate, sin qui espresse, come l’innalzamento dell’età pensionabile per creare, invece, un sistema di solidarietà con i giovani, “che soffrono livelli insopportabili di disoccupazione, di precarietà e di basse retribuzioni che minano il loro futuro pensionistico”.
Il Coordinamento sta preparando i quesiti abrogativi delle parti inaccettabili del Rosatellum, mentre il pool di avvocati “anti-italicum” continua l’impegno affinché la legge arrivi davanti alla Corte costituzionale il prima possibile. Il tema è stato al centro del dibattito e dei tavoli di approfondimento, durante l’Assemblea, insieme con quello contro i rigurgiti di fascismo, e la campagna su scuola e art. 81. Nella mattinata del 4, una delegazione del Coordinamento deposita in Cassazione il testo della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per abolire il “pareggio di bilancio”, introdotto in Costituzione dal governo Monti (con l’appoggio della quasi totalità del Parlamento), sotto la pressione dell’Ue e dei mercati finanziari che pretendevano politiche di austerità, condizione perché venisse rifinanziato il debito pubblico italiano.
L’impegno è quello di far sì che il prossimo Parlamento cancelli l’art. 81 del governo Monti,
• per ripristinare il testo del 1947, che lasciava alla responsabilità del legislatore le decisioni delle politiche di bilancio, oggi nelle mani dei tecnocrati dell’Ue
• per introdurre il rispetto dei diritti fondamentali nell’attuazione delle normative europee.
Per illustrare la proposta di legge, alle 11,30 del 4 dicembre, a Roma si tiene una conferenza stampa,
presso la Sala stampa della Camera dei Deputati.
Nel corso di questo anno trascorso, una sequenza inquietante di atti- dalla vicenda del referendum sui voucher, ai voti di fiducia sulla legge elettorale; alle bordate contro il senso delle istituzioni- ha disatteso il voto del 4 dicembre e i risultati del referendum costituzionale che, con la vittoria del no, hanno confermato il valore della nostra Costituzione e la centralità del Parlamento contro derive presidenzialiste di qualunque natura. Eppure, con la legge elettorale, detta Rosatellum, il futuro parlamento nuovamente non sarà scelto dai cittadini ma nominato dai capi dei partiti.
La Costituzione potrebbe tornare ad essere al centro di tentativi di deforma perché non è funzionale alle direttive e agli interessi finanziari soprattutto extra nazionali. La Costituzione affronta ad ampio spettro temi estremamente sensibili del nostro vivere quotidiano, i temi del lavoro, la ridefinizione e allargamento del catalogo dei diritti del lavoro per contrastare disoccupazione e precarizzazione, il diritto alla salute, al risparmio, a fronte delle regole europee in materia economica, che rappresentano una camicia di forza contro lo sviluppo dell’economia e il superamento degli squilibri territoriali. Non è solo un discorso per giuristi e tecnici. L’impegno comporta l’allargamento alla discussione su come ridurre la pressione fiscale e riportare la progressività delle imposte; come riportare una corretta dialettica politica tra le diverse esigenze sociali, superando quella falsa tra “sovranismo”, o nazionalismo plebiscitario, e “destra liberista e tecnocratica”. I riferimenti storici e culturali, che la Costituzione conferma, mettono in discussione anche quel linguaggio accattivante, ma questo veramente populista, attraverso cui si cerca di far passare anche in Italia scelte politiche ed economiche d’oltralpe, legate- o delegate-dalle élites della finanza e delle banche.
Non sono temi e problemi di carattere secondario o non inerenti agli interessi dei cittadini. E tanto meno di quelli del nostro sud. Perché il mezzogiorno è stato derubricato come questione di interesse politico e nazionale, mentre le politiche, sin qui messe in atto, hanno reso più vistosa la stagnazione della nostra regione e di quelle vicine, la riduzione del diritto alla istruzione, la inadeguatezza scuola-lavoro a scapito di una corretta e organica formazione, la disattenzione alle politiche del lavoro e giovanili con il conseguente fenomeno migratorio e lo spopolamento dei territori, il decremento e l’impoverimento delle popolazioni e lo svuotamento delle buone pratiche di intervento sui servizi della formazione, dell’ ambiente, della sanità, dell’ occupazione. Attuare la Costituzione coincide con un impegno serio per riportare al centro il mezzogiorno e i nostri territori con il loro carico di questioni irrisolte.