Torna, in una nuova veste, dopo quella anastatica e fuori commercio, voluta nel 1988 dall’Università di Bari, la raccolta degli articoli (46 in tutto) che Aldo Moro pubblicò su “La Rassegna”, nell’arco del biennio 1943-1945. Ora l’intera collezione contempla una breve guida alla lettura per ogni singolo articolo, nonché la presenza diffusa di note esplicative. Forse un titolo aggressivo – del tipo “Quando Moro non era (ancora) democristiano” – avrebbe garantito all’insieme di questi contributi sparsi una maggiore efficacia evocativa. La loro lettura rivela il disagio o, più precisamente, l’insoddisfazione del giovane intellettuale cattolico per la fragilità della ripresa democratica, il vero cruccio per la crisi spirituale e politica del Paese, i segni di delusione per le incongruenze che sfibrano le scelte politiche del dopoguerra, anche ad opera delle nazioni vincitrici. Moro sorprende per lucidità di analisi e libertà di pensiero, come, ad esempio, agli inizi del 1945, quando risuona alto il suo “perché siamo all’opposizione”. È severo nel giudicare uomini e fatti. Non tiene nascosta neppure la critica a un certo modo di essere dell’antifascismo: in lui prevale un’esigenza di purezza e verità, che trapassa nella speranza di veder edificata la nuova democrazia su principi di rigore morale e umanità. In questa produzione giornalistica, giocata a tutto campo e sull’onda di determinate emergenze, Moro riversa la sua preparazione giuridica – per la quale aveva già ottenuto la libera docenza presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo barese – e la sensibilità, religiosa e sociale, di una generazione cattolica, cresciuta all’ombra della Chiesa di due grandi Papi: Pio XI e, soprattutto, Pio XII. Il titolo scelto per questo volume riprende una testuale espressione di Moro: la “vanità della forza”. Con essa si viene a identificare la tragica dialettica che avvolge la guerra, il cui sviluppo, affidato alla potenza delle armi e alla volontà di dominio sul mondo, non porta di solito a compimento le nobili premesse della giustizia e della libertà. È lecito, tuttavia, arguire come, sulla scorta di questo ragionamento, la vanità non si debba rintracciare nella sola dimensione straordinaria del conflitto armato, quanto piuttosto nella stessa normalità della vita politica. Ciò avviene, in conclusione, quando il bene comune e i valori della dignità umana perdono la loro centralità, sicché la lotta democratica declina fatalmente nella pretesa di misurare ogni cosa sulla base dei rapporti di forza, divenendo in assenza della giustizia un’espressione di “dura prepotenza”.
Lucio D’Ubaldo Pubblicista e saggista, ha ricoperto la carica di Segretario Generale dell’ANCI (1986 – 1996). Oggi svolge la medesima funzione in ANCI – Federsanità. Amministratore pubblico, Assessore del Comune di Roma (2006 – 2008), nella XVI legislatura è stato Senatore della Repubblica. Ha pubblicato Prima di Nathan (Accademia degli Incolti, 1988) e Riformismo democratico e cristiano. L’idea del Centro a sinistra (Il Domani d’Italia, 2013). Ha curato l’edizione italiana di Maritain e Alinski: un’amicizia (Il Mulino, 2011) e la riedizione di La politica estera ed Europea di De Gasperi di Giuseppe Petrilli (Il Domani d’Italia, 2014). E’ socio ordinario dell’Istituto Internazionale “Jacques Maritain”.