Il chiostro dell’ex Convento di San Domenico è stato lo scenario di un simposio che ha visto protagonisti Mimmo Grasso e Bruno Di Pietro, due tra gli autori più veraci della poetica partenopea contemporanea. Grazie all’Associazione Antistigma Alda Merini, Venosa si è intinta (immersa) nei colori di rime volteggianti e riecheggianti la tradizione elegiaca greca. “L’associazione si distingue sia per eventi culturali degni di nota e originali sia per il fatto che il chiostro di san Domenico è diventato luogo di espressione di arte e vuole veicolare il messaggio che la cultura deve diffondersi perché è alla portata di tutti” commenta la presidente Maria Antonietta Dicorato. Erano presenti all’incontro anche alcuni rappresentanti istituzionali come il sindaco Tommaso Gammone, l’Assessore alle Politiche sociali, Antonietta Mastrangelo e la Consigliera, Carmela Sinisi. L’incontro moderato dalla prof.ssa Rosa Dileo, ha visto la partecipazione anche di altre associazioni, come la Fidapa di Venosa e l’Associazione Unitre di Venosa.
Attraverso un excursus nella cultura classica, i due poeti hanno interloquito, interrogandosi vicendevolmente sull’importanza di una lingua, il napoletano, che deve riscoprire la sua simbologia più recondita se vuole contribuire al riscatto di una identità che la città intera non può e non deve perdere. Il dialogo tra i due poeti, però, è stato molto più di un semplice confronto tra intellettuali, amici di lunga data e compagni di argute riflessioni. Si è rivelato un generoso protendersi verso il pubblico. Uno slancio tipico del migliore teatro autoriale intriso di arte, filosofia, letteratura, consuetudini nobilmente popolari. La poesia per Grasso e Di Pietro non è banalmente riconducibile ad un veicolo di emozioni, ma è una ‘scienza perfetta’ in cui il verso è la misura entro la quale può essere ponderata la metrica delle parole. Il vero poeta non è il menestrello dell’amore o di tutto ciò che gravita intorno a quello inautenticamente definiamo ‘sentimento’. Un po’ come accade nella matematica, anche nello svelamento (e dis-velamento) di parole in versi, nulla è imponderabile. Attraverso i loro ultimi lavori, ‘Minuscole’ e ‘Lallagé’, compendio e nuovo inizio della loro attività poetica, i due autori si interrogano sulla necessità o meno di continuare a ri-cercare il significato del “niente” o del “nulla” per approdare ad una nuova consapevolezza. “Meglio guardare per terra”, alle cose tangibili, che rimanere sospesi nel limbo dell’incompiuto. Anche perché se il ‘qui ed ora’ si riempie di senso, questo paradigma sopravvivrà allo spazio e al tempo e presente. L’Incipit di Minuscole originariamente avrebbe dovuto chiamarsi, ‘dov’è finito l’infinito’ (in omaggio al poeta Giacomo Leopardi), ed è la testimonianza di come l’orizzonte sia vicino ai nostri occhi e di come occorra soltanto liberare lo sguardo da prospettive troppo ‘oltranziste’. “Lallagé invece è il libro in cui si è coscienti che il tempo ci prende in giro, facendo ‘perdere tempo al tempo’. Nel testo c’è la riflessione sulla morte (un omaggio ad Ungaretti), c’è il chiasmo dell’amore” ha chiarito Mimmo Grasso. La poesia è davvero una catarsi solo se è intrisa di vita, dei profumi e della terra feconda di cui si nutre. Il testo è scritto in dialetto napoletano che, come tutti i dialetti, è portatore di una verità che si svela e si nasconde per poi “ri-velarsi” nuovamente. Una grande verità che si dipana nella filosofia kantiana ed, originariamente, negli epigrammi epicurei in cui si dice che “l’essere appare scomparendo e comparendo dispare”. Il convivio letterario si è poi spostato sulla Patafisica, la “scienza che va oltre la metafisica”, che permette attraverso la forza dell’immaginazione di prendersi “seriamente in giro”. Come la poesia è un gioco di parole vitale e giocondo, pur legato a regole fisiche, geometriche e matematiche; allo stesso modo la vita è un gioco continuo che consente di preservare l’Io bambino, anche quando si è adulti. Ma la poesia è anche intrisa di scienza. Lo dimostrano filosofi come Gregory Bretton, Hegel, Giambattista Vico e Hume. La Patafisica, invece, è lo studio dei linguaggi impossibili che diventano reali. La lingua napoletana è imperniata di patafisica. Le lingue dialettali consentono all’uomo di “travestirsi”, di impersonare ruoli e caratteri diversi. Ecco perché il dialetto, in particolar modo quello partenopeo, si presta molto al teatro. L’incontro è stato intervallato dalla performance teatrale di alcuni membri dell’Associazione Unitre di Venosa, che ha messo in scena alcuni versi del Carpe Diem del poeta latino Quinto Orazio Flacco, traslati in dialetto venosino.
La rappresentazione si è incentrata sull’incontro tra Orazio e Aristippo, ambientato nella fase in cui il poeta cercava con perseveranza di entrare nel circolo di Mecenate. “Ecco, questo è un esempio di Patafisica” ha commentato Mimmo Grasso e Bruno Di Pietro. Questa è l’arte che prende corpo nel gesto a Venosa. E che rispecchia l’obiettivo di un’associazione che vuole portare a Venosa una ventata nuova di cultura, libera dagli steccati del pregiudizio. Su suggerimento di Mimmo Grasso, il borgo di Orazio si è reso protagonista di un’altra iniziativa che si svolge contemporaneamente in ben 102 città italiane. In occasione del Solstizio d’Estate alle ore 21 del 21 giugno, la piazza dedicata al sommo poeta è diventa il baricentro di un evento dal titolo “Le isole si accendono”. Illuminate dal faro della poesia, le isole possono trasformarsi in penisole. Singole identità possono uscire dalla solitudine dell’indifferenza e unirsi insieme per costituire un fascio di luce rivelatrice. Alcuni presenti hanno letto alcune riflessioni poetiche, quelle che solcano profondamente la loro anima, rendendosi partecipi, gli uni con gli altri, di un girotondo propiziatorio al fine di coronare l’idea di una comunità forte e coesa e trasformarla in realtà.