Quando si trascorre un terzo della propria vita con qualcuno, l’aspetto non può essere ignorato e per me, che sto vivendo questa situazione con monsignor Superbo, oggi che annunciano il nome del suo successore nell’Episcopio potentino non è e non può essere un giorno come gli altri. No, nessuna lacrima, sentimentalismo, frase di circostanza: non mi appartengono e ancor meno appartengono a don Agostino. Sì, perché Agostino Superbo prima di essere vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, prima di essere presidente della Conferenza Episcopale di Basilicata, prima di essere Arcivescovo di Potenza – Muro Lucano – Marsico Nuovo, prima di essere Assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana, prima di essere Vescovo di Sessa Aurunca e della diocesi di Altamura – Gravina – Acquaviva, prima di essere rettore di diversi seminari, prima di essere docente di Italiano, Filosofia, Teologia, prima di essere Cappellano di Sua Santità, prima di essere predicatore degli esercizi spirituali preferito dai gesuiti, prima di tutto questo, Agostino Superbo è un sacerdote.
Un sacerdote ordinato a 23 anni e che sacerdote lo è ancora oggi. Nella Chiesa post conciliare, è una mia opinione, quella che ha tolto le balaustre tra popolo e celebrante, che ha consentito di ricevere ai fedeli la Comunione tra le mani, che si è affidata e fidata del laicato, quella di un sacerdote che rimane sacerdote e lo è completamente, non è così frequente. Parrocchie, oratori e confessionali sempre più vuoti, presbìteri costretti a fare i conti con i conti e con i social, parrocchiani bravissimi e documentatissimi nella critica distruttiva e spesso incapaci di proporre e di ‘sporcarsi’ le mani con quella Bibbia, tanto bella da tenere sul comodino (magari, già sarebbe molto), ma tanto scomoda da conoscere. Con la talare un pò lisa, con le porte di casa, anche se quella casa si chiama episcopio, perennemente aperte come il suo cuore, alla guida della sua Panda e poi
tra gli scaffali del supermercato, claudicante per colpa di un piede che si ostina a fargli male, per comprarsi quelle poche cose che mette in pentola e si cucina. Don Agostino è questo, un uomo mite, che al minimo accenno di nervosismo è il primo a chiedere scusa, un prete con il ‘grembiule’ di don Tonino Bello, amico con il quale ha condiviso la vita, il pensiero, la preghiera.
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