Quando si parla della Basilicata si parla di petrolio, come se l’unica cosa che contasse realmente della nostra regione in Italia fosse questa immane grandezza di cui disponiamo nel sottosuolo. In Basilicata si troverebbero riserve petrolifere per quasi 1400 milioni di barili, secondo quando è riportato da British Petroleum, sesta compagnia energetica nel mondo per capitalizzazione di mercato.
L’Italia, quindi, secondo quanto scritto a gennaio dal Wall Street Journal, a seguito di questa importantissima scoperta sarebbe il terzo paese europeo per giacimenti di petrolio (1,378 millioni di barili di petrolio greggio), dietro solo a Norvegia (7,494 milioni) e Regno Unito (3,098 milioni).
Si continua a giustificare l’estrazione petrolifera in Basilicata promettendo la possibilità di creare nuova forza lavoro, ma come si spiega che la regione ha il più alto tasso di disoccupazione giovanile d’Italia, come si spiega che un territorio così ricco non abbia collegamenti diretti con altri importanti centri italiani, manca di ferrovie e aeroporti?
Il denaro ricavato dall’estrazione dell’oro nero è per i lucani una condanna a morte senza alcun beneficio, ha portato alla rovina intere famiglie di agricoltori, la coltivazione e la produzione, nelle zone in prossimità degli oleodotti, è da tempo bloccata, la terra è inquinata, e i prodotti come olio, vino, ortaggi non hanno più valore di mercato. La gente si ammala, il tasso di mortalità per tumori è drasticamente aumentato negli ultimi anni, il bestiame muore, le acque risultano inquinate.
Dal 1998 ad oggi sono giunti nella regione più di 585 milioni di euro. La Basilicata oggi, dovrebbe essere una delle regioni più ricche d’Italia ma la regione è al primo posto per indice di povertà: un lucano su tre è povero. Nelle tasche dei lucani non è che entrato un misero contentino sotto forma di tessera idrocarburi.
C’è però chi vede la Basilicata come modello di riferimento per il passaggio tra la seconda e la terza rivoluzione industriale attraverso l’investimento delle royalty lucane derivanti dal petrolio sulle fonti rinnovabili, per produrre energia, immagazzinarla e venderla non solo all’Italia ma anche all’Europa.
Questa la teoria dell’economista americano Jeremy Rifkin per la Basilicata, secondo il quale sono cinque le mosse necessarie per favorire lo sviluppo e la crescita del territorio lucano, creando economia e lavoro attraverso la green economy. ‹‹La Basilicata ha tante opportunità – spiega Rifkin – ha il sole, il vento, l’acqua, possiamo sfruttare le energie rinnovabili››.
Se si deve estrarre petrolio dal territorio lucano si faccia comunque in modo che la stessa Basilicata possa beneficiare di risorse con le quali creare in loco il futuro dell’energia a zero impatto ambientale. Tutte le province italiane dovrebbero sostenere l’economia verde. Purtroppo il governo italiano in Basilicata sta puntando su fonti energetiche del XX secolo, quali petrolio e gas, andando contro le energie rinnovabili, distruggendo il territorio e costruendo più di 700 chilometri di inquinanti e devastanti oleodotti di collegamento dei pozzi al centro oli di Viggiano.
Continua a leggere l’articolo sul Lucano Magazine in edicola!