Avigliano ha rappresentato, e rappresenta tuttora, il centro regionale dell’artigianato artistico, di cui regina indiscussa è la Balestra (“Valestra” in vernacolo): il coltello a serramanico aviglianese per eccellenza.
Simile nell’aspetto alla navaja spagnola e al coltello a scrocco romano, è un gioiello dell’artigianato locale, che racchiude in sé varie tradizioni dei coltellinai armaioli, con una sintesi armonica delle tecniche più complesse, ricca di soluzioni di eccellente fattura. Prende il nome dalla molla, fissa ed elastica, utilizzata nel meccanismo di apertura, che ha la forma dell’arco di una balestra, antica arma da lancio di frecce e dardi.
La Balestra ha una lama di forma leggermente arcuata, che rappresenta una fronda d’ulivo, in acciaio damascato, anticamente importato dall’Inghilterra, e spesso inciso con arabeschi di altissima precisione, che richiedono un lungo e certosino lavoro artigianale; è affilata lungo un lato, ma anche semiaffilata verso la punta dell’altro, per meglio infilzare le carni.
Nel Seicento veniva forgiata nelle balestre dei carri, che contenevano silicio, poi passata nel fuoco, da cui acquisiva altro carbonio, cosicché fosse maggiormente tagliente; oggi, invece, viene forgiata a fuoco lento e poi molata a mano. Particolarità della lama è “lo scolasangue”, ossia delle incisioni e forme a tacche da procurare ferite non rimarginabili. La lama si apre in “tre scrocchi”, che servono per far sì che una volta aperta non si richiudesse accidentalmente, ma nel corso degli anni questi hanno assunto anche un carattere simbolico-comunicativo: con il primo “scrocco” si minaccia l’avversario, con il secondo si lancia e si accetta la sfida e con il terzo si sancisce l’inizio del duello, che, fino a qualche tempo fa, avveniva secondo le tecniche della scuola schermistica spagnola. Il manico, invece, è ricavato dal corno a punta piena del bufalo maschio, oggi sempre più di difficile reperibilità, poi decorato con fili metallici di ottone, argento e oro, per il cui approvvigionamento gli armieri si rivolgono agli orefici e agli ottonari del luogo; lungo il dorso del manico si scava l’incisione per la lama e si creano due puntali: in quello superiore è inserito il congegno per la molla in tre scatti, mentre in quello inferiore anticamente venivano incise le proprie iniziali.
La Balestra è unica in ogni esemplare, proprio perché realizzata a mano e i vari modelli si differenziano per particolari caratteristici, che consentono di attribuirne datazione e paternità.
“Il terribile coltello di Avigliano”, come lo definì Grazzini in un reportage di “Epoca” degli anni Sessanta, nasce come arma femminile in difesa del proprio onore e per secoli è stato, insieme alle forbici, un accessorio importante del costume tradizionale aviglianese. La leggenda narra che il primo coltello–pugnale fu realizzato verso la metà del 1600 da un fabbro, che lo consegnò alla sua promessa sposa alla vigilia delle nozze, perché potesse difendersi dalle insidie del signorotto del castello che pretendeva, come era usanza, di esercitare lo “ ius primae noctis”: questa donna si recò al castello e colpì ripetutamente alla gola il prepotente feudatario, il quale spirò dissanguato per le profonde ferite nel luogo oggi chiamato il “Cavalcavia del Riscatto”.
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