I dati non mentono. Ciò che emerge dal Cerved e dal Censis non può che allarmarci. Purtroppo dal 2008 a oggi sono fallite in Italia oltre 82 mila aziende e la relativa perdita del lavoro raggiunge ben 1 milione di persone. Dall’inizio della crisi i posti di lavoro persi sono più che raddoppiati tanto da incrementare la percentuale del 2008 del 136 %.
Il settore più colpito è quello terziario seguito poi dall’ambito manifatturiero dove si registra un calo occupazionale che sfiora i 9 mila posti di lavoro in meno rispetto agli anni precedenti.
La crisi sembra ancora non lasciare la nostra nazione, secondo i dati diffusi dall’Istat il livello dei senza lavoro è salito al 12,7% nel 2014, registrando il livello più alto degli ultimi 37 anni. Percentuale destinata ad aumentare nonostante la previsione di una lenta e debole ripresa dopo la profonda recessione dello scorso biennio. Ciò che desta preoccupazione è soprattutto la disoccupazione giovanile.
Sono più di 6 milioni gli italiani che negli ultimi anni hanno dovuto fare i conti con una situazione di precarietà o instabilità lavorativa. Noi giovani di oggi, precari in un mondo di lavori occasionali, collaborazioni a progetto, impieghi a tempo determinato e costretti a lavori part time, in un futuro non molto lontano non saremo altro che poveri e forse pensionati se non proviamo a “crearci un’opportunità di lavoro”, a metterci in gioco.
Vincenzo Tortorelli, segretario regionale della Uil pensionati in Basilicata sostiene, infatti, che il 65% dei giovani di oggi andrà in pensione con meno di mille euro, questo perché i giovani tra i 25 e i 34 anni fanno parte della “generazione mille euro”. Previsione che riguarda unicamente chi oggi può ritenersi fortunato, perché inserito nel mondo del lavoro. Purtroppo però la Basilicata conta un alto numero di Neet la cui incidenza cresce con il crescere dell’età ed è maggiore tra le donne e tra chi è in possesso del solo titolo di licenza media. Per questo motivo si stanno pensando misure cautelative e prevenzionali che consentano di dare una maggiore stabilità ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro e maggiore flessibilità in uscita ai lavoratori senior, realizzando ciò che viene chiamata “staffetta generazionale”.
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