Il Beato Bonaventura da Potenza e il Beato Egidio da Laureanza. I due frati non si sono mai incontrati. Vissuti in tempi distanti hanno entrambi diffuso e tramandato il messaggio di fede che ha varcato i confini lucani estendendosi in luoghi lontani dove il loro nome rievoca ancora oggi la santità. Le loro vite sono state descritte e messe a confronto rispettivamente dai francescani mons.Francesco Nolè, vescovo di Tursi-Lagonegro, e padre Maurizio Pianta di Rapolla, in un incontro che la FIDAPA potentina, presidente Licia Viggiani, ha organizzato presso il Museo Archeologico Nazionale “D. Adamesteanu” il 27 febbraio 2015.
Il Beato Bonaventura da Potenza, al secolo Carlo Antonio Gerardo Lavanga, visse tra 1651 e il 1711. Era nato a Potenza in una casa nel centro storico da genitori umili e molto credenti. La sua vocazione arrivò presto. A 15 anni entrò tra i Minori Conventuali di Nocera Inferiore. La sua non fu un’esistenza stanziale ma contraddistinta da vari peregrinaggi fra vari conventi campani terminati a Ravello dove poi morì. Di temperamento forte ma estremamente tenace seppe, grazie alle sue virtù, accettare la vita di obbedienza imposta dalle ferree regole della vita dei conventi, trasferiti dopo la Controriforma nei centri abitati. Povertà e austerità infatti fu l’imposizione data ai religiosi dal Concilio di Trento. Beato Bonaventura nell’ubbidienza domò il suo carattere, con l’assidua preghiera rafforzò la sua coerenza ai voti ed elevò il suo spirito che si nutrì di Vangelo e di sapienza pur non essendo letterato. Divenne sacerdote e si incamminò verso la sofferenza cercandola tra il popolo che è Chiesa. Per questa propensione veniva reclamato ovunque. Oggi il suo corpo riposa ancora a Ravello davanti ad una fiaccola alimenta ad olio che i potentini ogni anno donano. Il suo insegnamento di vita è descritto tra le righe della sua prima biografia, redatta a 40 anni dalla morte dal monaco Rugilo di Oppido Lucano che di lui scrive: “visse da innocente, da penitente, da apostolo”.
Diversa è l’esperienza di vita del Beato Egidio da Laurenzana. Nato nel 1443 con il nome di Bernardino Di Bello, solo una volta uscì dal suo paese per andare a Potenza a curare il figlio del conte Guevara che in effetti guarì. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1518, visse sempre nel paese dei boschi e della natura rigogliosa nella quale vedeva la grandezza di Dio a cui rivolgeva lunghe preghiere. Con gli animali dialogava, con gli uccelli in particolare, come faceva il frate di Assisi che da poco aveva fondato il francescanesimo. Di origini umili e devote, da bambino sentì forte il richiamo di Dio tale da spingerlo ad entrare, presumibilmente da adulto, nel convento di Laurenzana dove assunse il nome di Egidio. Il suo temperamento discreto lo portò spesso ad isolarsi per pregare nel silenzio. L’accettazione delle regole lo indusse all’obbedienza svolgendo con serenità ogni compito che gli veniva assegnato, tra i quali lavorare la terra. Il suo docile temperamento si fondava sulla forza della preghiera, della contemplazione, della penitenza e del sacrificio, lontano dalla notorietà da cui rifuggiva sempre. Solo dopo oltre tre secoli, nel 1880, papa Leone XIII lo rese Beato a San Pietro riconoscendone prodigi e accogliendo l’acclamazione popolare verso un frate, mai diventato sacerdote, divento grande nella semplicità e nell’umiltà. Dopo varie traslazioni, oggi è possibile vederlo nella Chiesa Madre di Laurenzana con il suo volto intatto e sereno.