Con il Decreto Legge “Sblocca Italia” del Governo Renzi, convertito in legge dal Parlamento Italiano, all’articolo 38 lo Stato assume a se le questioni di politica energetica nazionale, comprese le concessioni petrolifere. Se fino a ieri queste erano in capo alle regioni, da oggi lo Stato dovrà regolarsi “di intesa con le regioni interessate” e potrebbe concedere i permessi per le trivellazioni con più facilità di quanto non avrebbe fatto finora.
«La Basilicata è una Ferrari il cui motore deve essere messo a regime per lanciarla ad alta velocità». Fa ricorso ad una metafora sportiva nella conferenza di fine anno il Presidente Marcello Pittella, una Regione dalle tante qualità «non tutte ancora espresse». Per quando riguarda la Giunta Regionale, pare che entro fine gennaio la squadra degli assessori esterni dovrebbe cedere il posto alle nomine politiche. Vedremo se con o senza riconferme, sperando comunque in qualcosa di diverso da quello prodotto finora per migliorare la vita dei lucani.
Il 4 dicembre 2014 i quattro comitatini di renziana citazione hanno manifestato a Potenza per una Basilicata che abbia un futuro diverso. Qualcosa sta accadendo in Basilicata. Si respira nell’aria, si legge negli occhi degli studenti, si sente nei discorsi degli attivisti e dei cittadini che cominciano a parlare di un’altra Basilicata e un’altra politica al servizio del bene comune.
Sul finire del 2014 non possiamo non citare il dissesto del Comune di Potenza, l’unico caso di doppio crac in 20 anni, e l’impossibilità di approvare il bilancio che parte dal disavanzo di 14,2 milioni per il 2013 e 45 milioni per il triennio 2014-16. Il dilemma era votare e approvare il default, evitando lo scioglimento del Consiglio, o lasciare che lo dichiarasse il commissario prefettizio con il conseguente ritorno alle urne. Alla prima ipotesi in 25 dicono sì, nessuno contrario, cinque astenuti.
Il Presidente Pittella sulle macro-regioni ha dichiarato: «Non sono per annessioni e fusioni, ma seguo con attenzione il dibattito». A questo proposito, faccio appello ai Politici con la “P” maiuscola di non sottovalutare la questione ma di metterla in cima alle loro attività, essendo la stessa di un’importanza vitale per l’identità lucana. Fin dagli antichi romani la nostra regione costituiva una unità omogenea di popolo e territorio. E visto che i Romani, i Goti e gli Ostrogoti non si sono sognati di cambiare nome alle regioni storiche, se ne deduce che anche i barbari avevano acume politico, certamente superiore a certi farfarielli che oziano nei corridoi dei passi perduti del potere (così come riporta Santino Bonsera su Facebook).
A mio modesto avviso, visto che il Governo Centrale tenta di accentrare a se le decisioni importanti per effettuare le scelte più opportune e per meglio competere nell’era della globalizzazione, se non si vogliono desertificare ancora di più i nostri territori, ritengo che occorra aprire un dibattito sull’ipotesi di aumentare il numero delle Regioni (magari arrivare a 30) salvaguardando il più possibile le aree simili, con la condizione che le province vengano effettivamente e definitivamente eliminate. Alle regioni spetta la gestione delle “funzioni fondamentali”, ovvero, scuole, strade, trasporti e ambiente, sistema sanitario, centrale unica degli appalti (tema da affrontare comunque) e tutto quello che è di interesse primario e locale.
In questo modo, invece, di pensare alla soppressione di poche Regioni con la creazione delle cosiddette macroregioni, si potrebbe affiancare un sistema di Comuni Consorziati sul modello territoriale delle vecchie Comunità Montane per limitare in maniera drastica la spesa pubblica. Così i piccoli comuni (molti in Basilicata con neanche mille abitanti) ridurrebbero le spese a vantaggio della diminuzione delle tasse per i cittadini e di una migliore efficienza e qualità dei servizi. Tutto questo sempre se si è disposti a rinunciare ai campanilismi e agli interessi degli amanti della piccola politica paesana.
Infine, una considerazione sul grido di dolore della Rettrice dell’Unibas Aurelia Sole sui tagli previsti dalla Riforma Ministeriale relativa ai trasferimenti statali per le Università. Sembra che i trasferimenti siano commisurati al numero degli studenti in regola e dato che l’ateneo lucano ha il primato dei fuori corso (circa il 53% degli iscritti) i nuovi tagli dovrebbero ammontare a 4 milioni di euro. Nonostante la Rettrice abbia assicurato di essersi impegnata a ridurre il più possibile i costi e di aver migliorato la qualità dell’offerta, forse, dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di concentrare in un unico campus universitario tutte le Facoltà. Magari chiudere le Facoltà che non hanno molto seguito in favore di un potenziamento qualitativo di quelle più seguite o di aprirne altre oggi non presenti. Se non ci saranno risultati concreti, nei prossimi anni c’è il rischio che la nostra Università possa chiudere definitivamente.