La Costa Concordia lentissimamente si è mossa dal Giglio a Genova. La sorreggono grandi cassoni che le garantiscono equilibrio e stabilità senza le quali si inabisserebbe. Il relitto ha visto intorno a sé un formicolante cantiere pieno di uomini con competenze vigorose, capaci di lavorare in squadra senza prevaricazioni. Per mesi e mesi hanno lavorato, malgrado le pressioni a fare presto. Avrebbero potuto ricorrere a sistemi più veloci e definitivi, in loco; in pochi giorni avrebbero potuto far saltare il relitto,trascinarlo come un rottame da affondare.
Chi legge si rende già conto della sciocchezza di questa mia ultima affermazione e di quali danni irreversibili si sarebbero prodotti. Elogio della lentezza. Elogio della competenza. La vicenda Concordia mi sembra metafora all’inverso di ciò cui stiamo assistendo sulle riforme istituzionali/costituzionali. La parola d’ordine è correre indipendentemente dai guasti che si determinerebbero.
Dopo il black out comunicativo del periodo elettorale sullo stato del dibattito finalmente emergono critiche e riflessioni che cercano, almeno, di equilibrare il suono sordo del coro di unanimismo esultativo che alcuni portavoce del Presidente del Consiglio avevano garantito, stornando, tra l’altro, l’attenzione dal problema più vero di questo nostro paese, la percentuale altissima di disoccupati, sottoccupati, male occupati che anche le più recenti statistiche continuano a denunciare.
Cavallo di battaglia di questo giovane Renzi e della “costituzionalista” Boschi è fare presto, investendo con la carica energizzante di questo imperativo nodi importanti della Costituzione e della forma di Stato. Eppure voci autorevoli, non solo di quei “professoroni” e “gufi”, ma del mondo civile, di tante associazioni, cui fa eco anche Passera, del rischio che la cosa ci faccia cadere in un vortice che non riforma ma svuota, ci porti ad un verticalismo da capo unico, a partire dal PD che sembra ormai – la voce corre sui social network – appendice del suo capo; il tutto con l’altro strumento, quello della legge elettorale, peggiore dello stesso porcellum. Recenti sondaggi porterebbero che il 75% degli italiani non sarebbe favorevole.
Non mi soffermo su di esso anche perché di sondaggi bene è non fidarsi né quando non ci piacciono,tanto meno quando ci piacciano. Lascia molto perplessi- oserei dire molto amareggiati anzi desolati- che il dissenso venga letto come quello di chi
- Cerca visibilità
- È gufo
- È un allucinato
- È un professorone
- Vuole impedire di ottenere dall’Europa la flessibilità nella gestione dell’economia del paese
Che tristezza questa semplicioneria linguistico- comunicativo-informativa.
E’ toccato anche a noi lucani subire una forte tirata d’orecchie per le nostre perplessità espresse sulla ipotesi di trivellazione ad oltranza nella nostra regione. Dare ascolto a comitatini? Ancora una volta no. Correre, correre in dispregio a chi sullo slow esercita non la pesantezza ma la leggerezza della intelligenza e della riflessione costruttiva e non conformistica. Invece – la denuncia ricorre ampiamente ancora nei social network- sotto le ali del giovane “rottamatore” di conformismo plaudente e acritico se ne sta annidando tanto.
Per questo, invece, vale la pena di ascoltare voci più agilmente dissenzienti o, comunque, analitiche. Colgo un dibattito apertosi tra Mondoperaio 7/8 e Micromega 4/2014. Verte su questioni che possono sembrare sottili, da “professoroni” ma hanno in sé una forte dose di ragionevolezza e inquietante necessità di attenzione a quanto ci è intorno: se la sensazione, avvertita dai cittadini che siano “finzioni costitutive” quelle su cui poggia la democrazia, non porti a disimpegnarsi, essendo divenute “illusioni” quelle finzioni, perché depotenziate giorno dopo giorno; e se questo non porti a rivedere la necessità di ricostruire un “patto associativo” di per sé non “immodificabile”; ed ancora, di conseguenza, non porti a dover pensare alla democrazia come progetto aperto che presupponga una organizzazione socialmente e convenzionalmente costruita che però deve perseguire livelli di consapevolezza sempre più alti e partecipati. Se volessimo ritornare alla questioncella delle riforme di cui sopra significherebbe che scelte su cose di quella portata devono essere frutto di oculatezza e di ampia partecipazione.
Altrimenti resterebbe una scelta che coincida con quella che un romanzo proponeva. Lo ricordate Fahrenheit 451 di Bradbury?