Questa è la storia di un figlio del calcio. Fabio Lamorte, classe ’91, forte difensore, lucano nel sangue. Gli ultimi tre anni passati a Viareggio in C, dopo altri 3 nelle giovanili della Samp.
Quella fascia al braccio, che ne indica le qualità ed il carattere. In patria per le vacanze estive, nella sua Foggiano, una frazioncina di Melfi, da cui esplose a 15 anni esordendo in prima squadra, ci ha amichevolmente concesso alcune battute circa il suo meraviglioso excursus da calciatore, che si prospetta ancor più dorato.
Qual è stato il momento cruciale della tua vita calcistica in Basilicata?
Sicuramente quando ho fatto l’esordio in prima squadra col Melfi, a 15 anni. Durante l’anno ebbi la possibilità di allenarmi con un gruppo professionistico e questo ha fatto si che io potessi migliorarmi costantemente. Sono stati loro che ci hanno creduto e mi hanno messo in risalto. Far un esordio a 15 anni non è mai una cosa facile. Ho avuto poi la possibilità di mettermi in mostra; di fatto, nel corso dell’annata venni visionato dalla Sampdoria, e l’anno successivo mi trasferii a Genoa, sponda blucerchiata per l’appunto.
C’è una persona che ringrazieresti sempre se, voltandoti indietro, potessi rivedere il tuo percorso da calciatore, la strada che hai percorso finora e le prospettive che hai davanti?
Innanzitutto ci tengo a ringraziare i miei genitori e la mia famiglia, che mi ha sempre appoggiato in tutte le decisioni e le situazioni che si sono presentate nella mia vita. In ambito calcistico, non posso non essere grato sempre al mister delle giovanili del Melfi, Ficarazzi, che mi ha spostato di ruolo quando arrivai in Berretti. In passato ho ricoperto un po’ tutti i ruoli del centrocampo. Fu lui che mi identificò nel ruolo di centrale arretrato.
Un ottimo centrale, ben dotato tecnicamente e con un’intelligenza calcistica fuori dalla norma. Alla Mascherano per intenderci, piuttosto che alla De Rossi. O, perché no? Alla Fabio Lamorte!
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