Era il 13 settembre 2013, quando con un colpo di spugna il tribunale di Melfi, assieme ad altri 30 presidi, è stato spazzato via dall’organico giuridico italiano come ultimo atto di una diatriba dal tono muscolare tra l’Ordine degli Avvocati di Melfi, gli amministratori locali di tutto l’hinterland dei 18 comuni che gravitano intorno alla circoscrizione del Vulture-Alto Bradano, i piani istituzionali regionali e il governo centrale.
L’origine è stata la legge 148/2011, la cosiddetta “manovra bis”, che ha recepito un precedente decreto legislativo, recante “misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, e che ha delegato il governo a ridefinire le circoscrizioni giudiziarie attraverso la soppressione e l’accorpamento di tribunali e sezioni distaccate. In ogni caso, Melfi era salvo, perché la legge in questione prevedeva che ciascun distretto di corte d’appello, incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di tre tribunali con relative procure della Repubblica.
Eppure, negli ultimi mesi ci sono alcuni timidi segnali che fanno pensare che il discorso tribunale non sia affatto chiuso. Il “Lucano Magazine” ha intervistato il presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Melfi, Gerardo Di Ciommo per capire quali saranno gli sviluppi della vicenda nei prossimi mesi.
Cosa significa per tutto il Vulture-Melfese e Alto Bradano la chiusura di un presidio? Significa gravi ripercussioni non soltanto per il territorio ma per tutta la regione. Bisogna tenere in conto che la criminalità foggiana è tra le più pericolose in Italia perché spara con notevole facilità, inquina, gestisce affari illeciti. Prima c’era questo presidio che la arginava, adesso si teme per la Basilicata; altro che isola felice!
L’intervista integrale Gerardo Di Ciommo ne “Il Lucano Magazine” in edicola.