Giuseppe Damone, giovane ricercatore lucano, ha elaborato un metodo per analizzare i centri storici abbandonati a partire dall’urbanistica campomaggiorese. Un paese acquistato, ripopolato, abbandonato e ricostruito. Scopriamo perché.
Parlaci del tuo libro “Lettura storico critica di una ghost town. Il progetto utopico di Campomaggiore”.
La ricerca, prima della pubblicazione, è iniziata nel 2010 per la stesura della mia tesi di laurea in Ingegneria Edile Architettura a Potenza. Sono rimasto affascinato dalla storia di Campomaggiore che per molti aspetti è unica. La politica dei conti Rendina per ripopolare l’area, il progetto urbanistico e architettonico alla base del centro che sarà abbandonato nel 1885, mi hanno spinto a una disamina delle fonti e a gettare nuova luce sulle vicende campomaggioresi. Da qui l’idea del volume che raccoglie questi risultati.
Quanto è stata importante la presenza dei Rendina a Campomaggiore?
Non ci sarebbe stata Campomaggiore senza i conti Rendina e i Rendina senza Campomaggiore. Questa frase è la sintesi del legame tra la famiglia e la piccola realtà lucana acquistata nel 1673 quando era disabitata. Saranno loro a stilare un Atto di Fondazione del paese nel 1741 con il quale si stabiliscono gli obblighi e i diritti dei nuovi abitanti del paese, e sarà la loro amministrazione a far raggiungere i 1525 abitanti in cento anni. Ad ogni abitante era data una casa, della terra da coltivare e altri servizi in cambio di una tassazione.
Troverete l’intervista completa sul prossimo numero del Lucano Magazine