E’ passata la legge che prevede fino ad un anno di carcere per il giornalista che diffama a mezzo stampa. Si realizza, così, la vendetta della casta politica che, a scrutinio segreto, fa passare una legge “bavaglio”. Assume un connotato legislativo il tentativo d’intimidazione nei confronti dei giornalisti. Il diritto d’informare correttamente il cittadino, secondo regole etiche ben rigorose, sulle quali vigilano già organismi a ciò preposti, cede il passo ad una pena che diventa, ora, detentiva. Nella notte, dunque, tra visioni e fantasmi del passato, si realizza una situazione paradossale. E’ stato solo un sogno, a metà strada tra un’allucinazione e un incubo. Nella rappresentazione onirica la scena si svolge a Potenza, presso la casa circondariale. Un gruppo di giornalisti si affanna per l’uscita del primo numero di un giornale che parte da “dentro”. Il direttore è un professionista di lungo corso, sa il fatto suo ma, soprattutto, ha collezionato un paio di condanne per diffamazione. Lì, tra le sbarre, ha fondato un nuovo quotidiano: “Betlemme Sera”. Nell’attesa che le celle si popolino di iscritti all’Ordine, predispone il timone del numero zero, pronto a sbattere il mostro in prima pagina. “Tanto -argomenta- la nuova condanna è già compresa nel prezzo da pagare”. Il mondo, visto dalla cella, assume una connotazione particolare e il collega coglie questa opportunità per tratteggiare profili, raccontare storie, intrigare con una narrazione attenta al profilo psicologico dei protagonisti della vicenda. La sveglia coglie di sorpresa il sognatore. E’ l’alba di un nuovo giorno. Per i titolari dell’informazione è l’anno zero. Si torna con la mente all’antico. A quando, cioè, le censure chiudevano le bocche e paralizzavano le dita sui tasti della macchina da scrivere. Era l’epoca del “Minculpop” (Ministero della Cultura Popolare). Ai giornalisti, oggi non resta che togliere il suffisso “pop” e sperare che, a “Betlemme”, passi la nottata.