“Venivano a grandi salti, e urlavano come animali inferociti, esaltandosi delle loro stesse grida. Erano le maschere contadine. Portavano in mano delle pelli di pecora secche arrotolate come bastoni, e le brandivano minacciosi, e battevano con esse sulla schiena e sul capo tutti quelli che non si scansavano in tempo.” Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
“Febbraio corto e amaro.” Ebbene, a quanto pare il detto è giusto e il mese del Carnevale ha riservato davvero un algido scherzetto a tutti noi. Tormente di neve, gelo e venti freddi però non sono riusciti a raffreddare gli animi di un gruppo di giovani temerari che ieri sera hanno interrotto quell’agghiacciante e romanticissimo silenzio che solo con la neve in terra si riesce a “sentire” in un paesetto lucano. Un tamburello, un organetto e ragazzi vestiti con abiti della tradizione contadina hanno dato come risultato una danza sulla neve e tanta gioia. Il canto inebriante di quei Tind’l (questo il nome attribuito dalla tradizione di Avigliano e dintorni ai gruppi di mascherati che girava per il paese a far festa chiedendo in cambio un capo di salsiccia o di pezzente, un pezzo di ventresca, qualche uovo o una manciata di peperoni cruschi) ha fatto irruenza nelle nostre case portandoci una ventata di allegria e la dimostrazione che seppur il mondo dovesse rallentare la sua diabolica corsa frenetica di fronte agli eventi atmosferici, qualcosa di buono si puo sempre fare. Un tempo non erano forse proprio questi i momenti di cui approfittare, per rompere quel rapporto di dipendenza dai ritmi incalzanti dell’agricoltura? Carnevale cade nel periodo in cui la natura dorme sotto la coltre bianca gelata ed è una danza propiziatoria di transizione, tra passato e futuro, tra vecchio e nuovo, tra terreno e sovrannaturale. E’ il momento della disinibizione assoluta di ciascuno, è la festa in cui tutti scendono in piazza a divertirsi, liberi dalle proibizioni etiche e morali che attanagliano l’individuo sociale. In Lucania gli echi carnascialeschi rimbalzano dagli Alburni alle Dolomiti, dal Massiccio del Pollino al Monte Vulture. Un fragore dirompente, nelle valli della provincia materana, si può udire il giorno della festa di Sant’Antonio Abbate, il 17 gennaio, giornata che sancisce l’inizio dei riti carnevaleschi. Sono i campanacci di San Mauro Forte, spettacolo unico da osservare e udire. Per farsi coinvolgere dai ritmi ancestrali di Madre Terra bisogna addentrarsi fra le squadre dei portatori di campanacci che si incontrano-scontrano per le vie del borgo per scacciare, con quel suono primitivo, il male e propiziare la fecondità dei campi. Un’esplosione di colori,invece, è la maschera rappresentativa del carnevale tricaricese. Mucche e tori danno inizio alla loro transumanza all’alba del primo giorno di carnevale, svegliando il paese con il rintocco dei loro campanacci. Aliano quest’anno porterà al Carnevale di Venezia le proprie maschere cornute, dal naso pendente, sovrastate da una grande quantità di penne di gallo, figure grottesche di “demoni scatenati, pieni di entusiasmo feroce, per quel solo momento di follia e di impunità” osservava Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli. E così anche nei piccoli villaggi, nessuno riesce a resistere al fascino della festa più gioiosa dell’anno. Un pò per affezione personale, un pò perché la nostra rubrica è etno ma anche gastronomica non posso non menzionare “La Fagiolata” di Possidente. Sovrano indiscusso della giornata è il fagiolo.
Quest’anno si festeggerà la trentaseiesima manifestazione! L’evento non ha radici in un passato remotissimo, ma bisogna apprezzare lo sforzo dell’Associazione Culturale che da qualche anno sta cercando di far rinascere lo stesso spirito con cui nel 1976 un gruppo di donne del posto che, superando tutti i pregiudizi in cui si poteva incorrere in una frazione di oltre trent’anni fa, su iniziativa di una giovane signora siciliana, ha raccolto nelle case della comunità pugni di fagioli da cuocere per allietare gli animi di tutti i compaesani. Tempo permettendo, l’evento si svolge, l’ultima domenica di Carnevale. Anche quest’anno dopo una festosissima sfilata di carri allegorici, maschere e costumi, a riscaldare la piazza della frazione una gustosissima “zuppa di fagioli e salsiccia fumante”o una “pasta fagioli e coria”, insieme all’immancabile bicchiere di vino che vince sugli ultimi lacci dell’inibizione.