“Il Vescovo…Arcivescovo” è il titolo di un libro che raccoglie memorie e testimonianze curato da don Giustino D’Addezio sulla figura di monsignor Giuseppe Vairo a 10 anni dalla sua morte. Il volume non è solo un mero ricordo del “pastore”, ma vuole rappresentare un primo passo verso l’inchiesta che potrebbe aprire l’itinerario, previsto dalle leggi della Chiesa, per la sua causa di beatificazione che, giova ricordare, può essere aperta solo dal vescovo diocesano. L’iniziativa è partita da Muro Lucano e dal capitolo Concattedrale della stessa città il cui presidente è proprio don Giustino D’Addezio. «Ho ricevuto da tutta Italia tante testimonianze affettive sulla sua morte – ha detto il parroco di Muro Lucano – che riportano parole di stima, venerazione e ricordi personali. Sono testimonianze del grande tesoro di fede, di amore e di speranza, che monsignor Vairo ha saputo trasmettere e donare: tutti lo ricordano e lo riconoscono come “patriarca” della Basilicata». Il volume è stato consegnato a tutti i vescovi lucani e ai titolari delle diocesi dove lo stesso monsignor Vairo ha prestato il suo servizio.
Intanto in occasione del decimo anniversario della sua morte, nella Basilica Cattedrale di S. Gerardo, dove è sepolto, la Chiesa diocesana celebrerà la solenne Eucaristia di suffragio presieduta dall’arcivescovo Mons. Agostino Superbo, domenica 24 luglio 2011, alle ore 19. Il 25 luglio 2001, festa di S. Giacomo apostolo, nella “Casa sollievo della sofferenza” di San Giovanni Rotondo, si addormentava nel Signore S. E. Mons. Giuseppe Vairo, arcivescovo emerito di Potenza Muro Lucano Marsiconuovo.
Nella sua cattedrale, colpita dal terremoto e da lui ricostruita, volle sepoltura e là attende la resurrezione dei giusti. Buon pastore di questa arcidiocesi, testimone della fede e maestro esemplare di vita, attivo Padre del Concilio Vaticano II, ha condiviso il dolore e le lacrime del suo popolo nella tragedia del terremoto del novembre 1980, accompagnandolo con la forza di “Cristo Risorto nostra speranza” nella fatica della rinascita e nella celebrazione del XIV Sinodo diocesano, che resta il suo più prezioso testamento per la chiesa potentina. Accolse nel 1991 papa Giovanni Paolo II nella sua visita pastorale in Basilicata, che lo riconobbe “luce e decoro dell’episcopato”: «Tu sei stato luce nella caligine, aiuto ai poveri nella tragedia, speranza a chi disperava».
La città di Potenza lo volle nel 1986 suo cittadino onorario, riconoscendo nel suo vescovo l’uomo della fede, il sostegno morale, la coscienza critica delle istituzioni. «Io non ho famiglia – aveva detto, lasciando la diocesi – la mia famiglia è questo popolo».